Le vie dell’inchiostro “Il romanzo del giornalismo dalla parte delle donne”

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«Canto le notizie: qualunque l’epoca in cui circolano, sempre, fresche di stampa, l’occhio del lettore incantano». Ogni giornalista sottoscriverebbe questa massima di George Crabbe, poeta britannico dell’Ottocento e inventore di aforismi. Ma Annalena McAfee, per trent’anni giornalista in Inghilterra (ha diretto l’inserto culturale del Guardian) e moglie dello scrittore Ian McEwan, la usa come epigrafe di L’esclusiva, suo primo romanzo (pubblicato in Italia in questi giorni da Einaudi), per sollevare un dubbio: possono ancora incantare, le notizie, nell’era di internet? E cosa rimane di romantico nel giornalismo, questo mestiere che a partire dalla mitica Fleet street, la via dell’inchiostro di Londra, sembrava sinonimo di pericoli, viaggi esotici e disinvolte note spese, mentre oggi appare prigioniero di gossip, blog e budget strozzati? La risposta dell’autrice arriva per bocca di due protagoniste che non potrebbero essere più diverse, un’anziana corrispondente di guerra in pensione e una giovane reporter rampante: Oriana Fallaci contro Bridget Jones, per rendere l’idea. Senza svelare i colpi di scena, le battute e le disavventure che rendono la vicenda divertente come Prima pagina, l’indimenticabile film di Billy Wilder, e pungente come L’inviato speciale, il capolavoro di Evelyn Waugh, basti dire che alla fine del libro il giornalismo sembra confermare i suoi difetti, ma pure i pregi: pronto a sopravalutarsi quando si prende troppo sul serio e a sottovalutarsi quando insegue la leggerezza, ma in entrambi i casi necessario e in fondo, in ogni tempo e tecnologia, il mestiere più bello del mondo.
Si dice che ogni giornalista ha un romanzo nel cassetto: questo suo ci è rimasto a lungo?
«Come molti colleghi, avrei sempre voluto scrivere un romanzo. All’inizio ho scelto il giornalismo perché mi dava da vivere, poi però me ne sono innamorata. Finché una sera, cinque anni fa, in vacanza sulle Highland scozzesi, ho buttato giù qualche paginetta e l’ho fatta leggere a mio marito».
E lui che consigli le ha dato?
«Soltanto uno: vai avanti».
La sua storia comincia nel 1997, anno fatidico per l’Inghilterra.
«È il momento in cui tornano al potere i laburisti, con Tony Blair, dopo ben diciassette anni all’opposizione. Ma è anche il momento in cui cambia definitivamente il giornalismo, il gossip la fa da padrone, le notizie diventano 24/7, come si dice da noi, un flusso non stop 24 ore su 24, 7 giorni alla settimana, e si intravede internet all’orizzonte».
Però il suo non è un romanzo in difesa del vecchio contro il nuovo giornalismo.
«Non mi piacciono le semplificazioni, l’idea che il vecchio è buono e il nuovo è cattivo. La mia anziana corrispondente di guerra è un po’ snob, mentre la mia giovane gossipara a suo modo è più autentica. C’era qualcosa di magnifico nel giornalismo di una volta, ma le mistificazioni esistevano anche allora. Internet è un mezzo di comunicazione fantastico, ma trasmette anche tanta inutile volgarità . Oggi in Inghilterra il giornalismo è sotto accusa per le pratiche illegali e corrotte del “Tabloidgate”, ma ci sono ancora tanti eroi nella carta stampata, come Marie Colvin e Anna Politovskaja, per citarne due che hanno perso la vita per il loro lavoro».
Due donne. Come sono donne le protagoniste della sua storia. Come è donna, per la prima volta, il direttore del New York Times. Vuol dire qualcosa?
«Nel 1880, su 12308 giornalisti che lavorano in America, le donne erano 288. In Gran Bretagna, fino agli anni Settanta, le redazioni erano club per gentiluomini, le poche donne che c’erano scrivevano di moda, cucina, posta del cuore. Oggi in certi giornali lavorano più donne che uomini e scrivono di tutto, compreso guerra, sport e giudiziaria, un tempo territori rigorosamente maschili. Ci stiamo prendendo l’informazione, e forse era ora. Ma non siamo immuni dai vizi degli uomini».
A proposito di posta del cuore – il suo è un romanzo non solo sulla competizione ma anche sull’amore tra diverse generazioni: vi compare perfino un “toy boy”.
«Volevo esplorare l’amore e il sesso nell’età  che avanza. Il concetto di “toy boy” non è nuovo, se ne parla già  nella mitologia greca. Ma resta il fatto che, come osserva stizzita la più anziana delle mie due protagoniste, mentre è considerato accettabile per un vecchio accompagnarsi con una donna molto più giovane, il contrario viene solitamente accolto con orrore».
Si è ispirata a qualche giornalista della realtà , per la sua anziana corrispondente di guerra?
«Ho studiato la vita di alcune celebri reporter del ventesimo secolo, come Martha Gellhorn e Marguerite Higgins. E sono rimasta colpita da una loro antesignana del diciannovesimo secolo, Margaret Fuller, femminista americana ante-litteram, amica di Edgard Allan Poe, che nel 1848 diventò la prima donna inviata a fare la corrispondente di guerra, quando il New York Herald Tribune la mandò in Italia a seguire il Risorgimento. Conobbe Mazzini e Garibaldi, si innamorò di un giovane rivoluzionario italiano, il conte Giovanni Ossoli, di sette anni più giovane di lei, mise al mondo il loro bambino durante la battaglia per la Repubblica Romana. Due anni dopo si imbarcò da Livorno per gli Usa, con il marito e il figlioletto in fasce, la traversata dell’Atlantico durò sei settimane per il maltempo e in prossimità  di New York la nave colpì uno scoglio e affondò. I corpi di Margaret e del conte non furono mai rinvenuti, quello del bambino fu trovato su una spiaggia. Non ho potuto usare niente di questa storia per il mio libro, ma continuo a pensare che un personaggio come la Fuller meriterebbe un romanzo tutto per sé».
Pensa che le notizie continueranno a “incantare”, anche nell’era del web, per citare l’epigrafe che ha messo in testa a L’esclusiva?
«Io leggo i giornali sul Kindle, mi aggiorno sull’iPhone e scarico il Guardian sull’iPad. Ma conservo un atavico attaccamento alla carta. Ogni anno con Ian andiamo in vacanza in Scozia in un luogo così selvaggio che non ci sono strade e le provviste arrivano via barca. Per l’esattezza arrivano avvolte in pagine di vecchi giornali di provincia, e la prima cosa che facciamo io e mio marito, ancor prima di mettere via il cibo, è stendere per bene quei giornali per leggere dalla prima all’ultima riga cronache locali, feste di beneficenza, orari dei ferry-boat e furti di pecore».


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