La guerra elettrica dei «due Corrado»
ROMA – I tempi per le nuove norme sulle energie rinnovabili si fanno sempre più stretti per il governo. La decisione va presa entro aprile, data per la quale il ministro per lo sviluppo Corrado Passera e quello dell’ambiente Corrado Clini dovranno trovare un compromesso. Sperabilmente, non a scapito dei cittadini e del futuro, senza tagli alle rinnovabili a favore dei produttori di energie convenzionali.
La questione scotta. «L’aumento delle bollette elettriche preoccupa molto il parlamento, per questa ragione a breve ascolteremo in Commissione il ministro per lo Sviluppo economico, il ministro per l’Ambiente e il presidente dell’Authority per l’energia», ha annunciato ieri il presidente della Commissione Industria del Senato Cesare Cursi. Il parlamento, ha aggiunto il senatore, «è interessato a conoscere le modalità di lavoro del governo, anche per quanto riguarda il futuro del quinto conto energia (fotovoltaico), sul quale contiamo di conoscere nello specifico le sue proposte».
La curiosità di Cursi e del parlamento che rappresenta è la nostra. Passera sembra volere acogliere le ragioni dei gruppi favorevoli a un taglio degli incentivi alle rinnovabili e dunque di quel che chiama l’«impatto sulle bollette che pagano cittadini e imprese». Il ministro è molto sensibile alle richieste che vengono dalla grande industria, che lamenta di lavorare con il prezzo dell’energia più caro d’Europa. L’ultimo imprenditore a dirlo a voce alta (che presto sarà il primo) è stato Giorgio Squinzi, il presidente designato della Confindustria che sostituirà Emma Marcegaglia dopo l’assemblea di maggio.
Clini rema contro la possibilità che il suo collega di governo riduca gli aiuti alle energie alternative. «Non si possono sottolineare i costi e ignorare i vantaggi in termini di incremento del prodotto lordo, aumento del gettito fiscale, diminuzione del picco diurno della domanda, maggiore occupazione, miglioramento della bilancia commerciale», ha detto nei giorni scorsi il ministro dell’ambiente. Trovando consenso tra le associazioni di settore, Clini ha messo l’accento sulla trasparenza in bolletta: «Va pagato il costo effettivo dell’elettricità » e non altri «oneri impropri» come il Cip6 – provvedimento che pone tra le fonti incentivabili le “assimilate”, inceneritori e prodotti di raffineria inclusi – o gli sconti concessi alle grandi industrie energivore, come le acciaierie».
La divisione nel governo è netta. Passera intende «raggiungere e superare gli obiettivi europei sulle rinnovabili, ma dobbiamo farlo bene, non come in questi anni in cui sono stati impegnati troppi soldi delle famiglie e delle imprese non nella maniera migliore, per fare un’operazione troppo accelerata a prezzi troppo alti con incentivi troppo più alti di quelli di altri paesi». Clini risponde che c’è rischio di «autogol e senza tagliare i prezzi», per poi alzare ancora il tiro: «E’ un errore strategico, rischieremmo di uscire dal settore delle rinnovabili mortificando la capacità innovativa del paese, penalizzando l’industria nazionale, aumentando la disoccupazione: sarebbe come abbandonare la telefonia negli anni Ottanta, prima del boom».
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