Si dimette il copione presidente Schmitt

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Schmitt, ex campione di scherma di 69 anni, ha copiato gran parte della tesi di dottorato che vent’anni fa aveva dedicato alla storia delle Olimpiadi. Il Senato dell’università  Semmelweiss di Budapest gli ha tolto il titolo del dottorato, dopo aver scoperto che 180 pagine sulle 215 del testo erano un plagio di un saggio di un esperto bulgaro, Nicola௠Georgiev. 
Schmitt ha scritto una lettera al parlamento di una sola frase: «Nell’interesse dell’Ungheria e dell’unità  nazionale, dò le dimissioni dalla carica di presidente della repubblica». Di fronte ai deputati si è difeso, ma ha ammesso che il suo nome era ormai «diventato sinonimo di divisione» nel paese. Sabato c’era stata una manifestazione per spingerlo alle dimissioni. Schmitt è arrivato alla presidenza della repubblica ungherese nel giugno 2010, grazie ai voti della Fidesz, il partito del primo ministro di estrema destra Victor Orban, che ha una maggioranza di due terzi al parlamento. Sarà  quindi ancora la Fidesz a scegliere il suo successore. Attila Mesterhazy, presidente del partito socialista Mszs, ha chiesto al partito maggioritario di proporre Laszlo Solyom, un uomo di destra rispettato, che aveva già  occupato la carica dal 2005 al 2010. Ma Gabor Vona, leader dell’estrema destra del Jobbik, chiede una riforma-blitz e l’elezione diretta del presidente da parte del popolo. 
L’Ungheria continua a preoccupare l’Europa, anche se Bruxelles e i paesi membri della Ue hanno di fatto accettato che a Budapest si mettesse in opera un governo di estrema destra. La Commissione ha soprattutto fatto la voce grossa lo scorso gennaio, quando Orban aveva ventilato l’idea di mettere le mani sulle riserve della Banca centrale ungherese, per far fronte alla crisi. L’Ungheria, che aveva ottenuto 20 miliardi di euro di prestiti dalla Ue e dall’Fmi, è in preda a una grave crisi, con la moneta che crolla a picco e un debito che gonfa, grazie anche ala flat tax al 16% voluta da Orban, che ha ridotto le entrate fiscali ma non ha rilanciato l’economia. Nei fatti, erano state le banche europee, molto esposte in Ungheria, a fare pressione sulla Commissione perché bloccasse alcune misure economiche di Orban. Invece, l’Ue ha protestato molto mollemente contro le leggi-bavaglio sulla libertà  di stampa e sulla riforma della Costituzione, che rappresenta una svolta autoritaria. La Commissione si è limitata a chiedere a Orban qualche modifica, dimostrandosi impotente ad intervenire, anche solo per far rispettare a Budapest gli impegni presi sull’assetto democratico del paese all’epoca dell’adesione alla Ue. Nel paese vengono fomentate le divisioni tra la popolazione, i Rom in particolare sono presi di mira. La volontà  di inglobare nell’Ungheria di Orban i «veri» ungheresi che risiedono all’estero, rischia di destabilizzare i paesi vicini. Ma gli ungheresi, a causa del controllo sulla stampa, sanno poco di quello che si dice all’estero sulla svolta autoritaria di Budapest.


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