La rivolta dei sindacati: “Ora fermate quel cantiere”

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Dario Boni, segretario della Fillea-Cgil di Torino, ha fatto i conti: “Otto morti sul lavoro in cinque mesi, più quattro feriti gravi”. La spirale è iniziata il 5 ottobre, con un imprenditore di Bollengo schiacciato dalla lastra di marmo. Poi tre operai caduti il 7 ottobre alla Pinacoteca Agnelli, il 27 gennaio a Baldissero Canavese e il 3 marzo al cantiere del Gerbido, un ingegnere e un cantoniere investiti da un tir sulla Torino-Aosta l’8 marzo, un tecnico folgorato a Chivasso. Lunedì l’elenco poteva allungarsi con lo scoppio alla Lafumet di Villastellone, con quattro ustionati gravi.

Dice Boni che “forse questi morti non fanno notizia come l’incendio alla ThyssenKrupp, ma otto in cinque mesi sono un’emergenza altrettanto grave”. Per questo, sia lui che la segretaria della Camera del lavoro, Donata Canta, chiedono più attenzione al ministro Fornero: “Ha dichiarato che non intende abbassare la guardia, ce lo dimostri con i fatti: con misure concrete finalizzate a introdurre forme di miglioramento e controllo, che tengano legati temi come precariato, lavoro grigio e nero, catena del subappalto, massimo ribasso, tutela della salute e sicurezza”.

Quando 20 giorni fa Antonio Carpini volò giù dall’inceneritore la Fillea-Cgil, la Filca-Cisl e la Feneal-Uil, proclamarono uno sciopero per denunciare l’emergenza. Lo stesso giorno i tre sindacati chiesero un piano straordinario di controlli nel Torinese. Con l’incidente di ieri si torna al punto di partenza: “La Prefettura chiuda quel cantiere”, insiste Antonio Castaldo, segretario della Filca-Cisl Torino. E propone: “Serve un nostro rappresentante che su tutto il ciclo verifichi le condizioni di sicurezza, proprio come accadde per le Olimpiadi”. Questo perché, dice, “è incredibile che un incidente del genere possa ripetersi. Probabilmente non è stata fatta sufficiente formazione ai lavoratori. Sulla gestione di quel cantiere erano stati presi degli accordi, che poi non sono stati rispettati”.


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