«Fermatevi e discutiamo», la Fiom rilancia dopo la sentenza Marelli
Noi pensavamo che senza diritti si potesse anche morire. Sergio Marchionne, invece, pensa che «di diritti si può morire» e questa ennesima sprezzante sparata viene battuta dalle agenzie proprio mentre in Fiom è in corso la conferenza stampa sulla Fiat del segretario Maurizio Landini e del responsabile auto Giorgio Airaudo. In un breve lasso di tempo «la Fiat è stata condannata 5 volte da altrettanti giudici per antisindacalità », commenta Landini. Il fatto di aver espulso la Fiom dai suoi stabilimenti, comunque, «non ha fatto vendere più automobili a Marchionne anzi ne vende sempre meno». «Farebbe meglio a sfornare nuovi modelli», aggiunge Airaudo, mentre anche i pochi programmati slittano nel tempo. A Mirafiori si doveva cominciare la produzione del suv che invece sarà costruita non prima della seconda metà del 2014, mentre a dicembre del 2013 potrebbe essere spostata a Torino una versione particolare della Cinquecento. Di conseguenza oggi e per un paio d’anni gli operai di Mirafiori lavoreranno 3-4 giorni al mese. E se la Panda dovesse andare male, anche per i 2.000 di Pomigliano «esent-fiom» sarebbero guai seri.
I delegati della Fiom rientreranno alla Magneti Marelli con le loro bacheche, la saletta sindacale, le ore di permesso, il pagamento delle quote degli iscritti. L’ha deciso il giudice di Bologna che, come aveva fatto quello di Torino, ha condannato il Lingotto per l’esclusione della Fiom. Per evitare che ciò possa accadere anche a Pomigliano, Marchionne ha evitato di riassumere un solo iscritto a questo sindacato tra i duemila rientrati in fabbrica dopo i diktat, il referendum-truffa, l’uscita da Confindustria, il nuovo contratto che cancella quello nazionale e, infine, il cambiamento di nome dello stabilimento campano. Ora, dopo le sentenze di Torino, di Bologna, di Melfi, gli avvocati di Marchionne dovranno vedersela con altri 61 giudici chiamati dalla Fiom a esprimersi sull’impedimento a svolgere attività sindacale nei singoli stabilimenti italiani. Una discriminazione che non ha precedenti neppure ai tempi di Valletta.
«Fermatevi, e discutiamo»: così scrive Landini ai segretari generali di Fim e Uilm e per conoscenza ai confederali. Sono state infatti definite le date per l’elezione delle Rsa in tutti gli stabilimenti del gruppo, da cui secondo la Fiat e i sindacati complici dovrebbe essere esclusa la Fiom in quanto non firmataria dell’accordo-truffa. E persino là dove il giudice ha condannato la Fiat per antisindacalità vorrebbero escludere la Fiom dalla ripartizione dei seggi non proporzionali, un terzo del totale destinato alle organizzazioni più rappresentative. «Fermatevi e discutiamo» per definire insieme un sistema di regole condiviso sulla rappresentanza, nel solco del pur contestato accordo interconfederale del 28 giugno 2011. Del resto, ricorda Landini, è sufficiente che un giudice condanni la Fiat per le discriminazioni anti-Fiom in uno stabilimento perché le elezioni «separate» effettuate da Fim, Uilm, Fismic e Ugl vengano automaticamente annullate. Una seconda lettera è stata scritta a Federmeccanica e alle altre organizzazioni dei metalmeccanici, firmatari dell’ultimo contratto unitario del 2008 prima che Fim e Uilm decidessero di annullarlo e stipularne un altro separato con Federmeccanica, per chiedere una verifica. La Fiom ha già presentato una sua piattaforma, ma punta a ricostruirne una unitaria, sempre che gli altri decidano di ripristinare regole democratiche. Il paradosso è che mentre in tutte le fabbriche si sciopera in difesa dell’art. 18, in molti casi unitariamente e con la partecipazione generale dei lavoratori, in fabbrica continua l’odiosa discriminazione nei confronti della Fiom a cui è impedita ogni attività sindacale. Oggi a Roma si terrà l’assemblea nazionale dei delegati Fiat.
Landini non ha fatto sconti al governo Monti, a cui rimprovera una grave assenza nelle politiche industriali. «Che Monti e Marchionne si incontrino ci fa piacere, ma a noi interessa un tavolo di confronto vero e sia la Fiat che il governo devono mettere sul tavolo i piani industriali. Senza un piano sulla mobilità sostenibile, si continueranno a chiudere stabilimenti come è successo alla Irisbus che costruiva autobus. Lo stesso vale per la Fincantieri che sta smantellando pezzo a pezzo la produzione civile».
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