«Mini redditi? Molte aziende hanno chiuso»

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Si sentono sempre nel mirino. E non è una bella sensazione. Dai blitz di Cortina ai dati diffusi ieri, gli imprenditori (soprattutto quelli medio-piccoli) si sentono vittime di un’ingiusta caccia all’evasore. «In una fase in cui i consumi calano fino alla recessione, le banche non ci fanno credito e le tasse aumentano, passare anche come gli evasori che sono la causa di ogni male proprio non ci piace» sbotta Marco Venturi, presidente di turno di Rete imprese Italia, l’Associazione che rappresenta più di due milioni di piccole e medie aziende.
«E poi, proviamo ad analizzarli quei dati — continua Venturi — si tratta di reddito medio dichiarato dagli imprenditori. Però basta verificare quante sono le imprese che in questi anni hanno aperto e quelle che hanno chiuso: si tratta circa di 400 mila aziende l’anno che in quella fase, sia apertura che chiusura, hanno un fatturato quasi azzerato e quindi abbassano sensibilmente la media di tutti». 
Ma i dati divulgati dal Dipartimento delle entrate del ministero dell’Economia dicono che i dipendenti finiscono per dichiarare più dei loro datori di lavoro. Un po’ singolare. «Certo, ma sarebbe corretto evidenziare anche quante sono le imprese familiari in Italia — avverte il presidente di Rete imprese Italia —. Il nostro sistema economico è composto da una buona metà  di aziende a gestione familiare il cui fatturato va quindi suddiviso tra i vari congiunti che lavorano nell’azienda. Del resto, che le Pmi non siano un covo di evasori l’Agenzia delle entrate dovrebbe saperlo bene visto che esistono gli studi di settore per monitorare intere categorie. Il 75% delle piccole e medie imprese rientra pienamente nei parametri indicati dal Fisco dichiarando fatturati congrui e coerenti».
Nella memoria della gente però rimangono le notizie delle incursioni della Guardia di finanza nei centri turistici più esclusivi che provocano come diretta conseguenza un’impennata degli scontrini emessi. «Però questa storia degli scontrini è uno spot un po’ logoro e abusato — obietta Venturi — non si capisce perché a essere presi di mira debbano essere solo i commercianti o i ristoratori, forse perché hanno la porta d’ingresso sulla strada ed è facile entrare? Vorremmo sapere se le stesse incursioni sono state effettuate negli studi professionali oppure nelle grandi imprese dove, magari, non ci sarà  evasione ma elusione probabilmente sì. E invece si continua a utilizzare i piccoli commercianti come parafulmini dell’evasione. Forse sarebbe il caso di ragionare su aspetti concreti: noi stiamo vivendo una delle peggiori crisi degli ultimi 50 anni, l’accesso al credito e pressoché chiuso e la pressione fiscale dichiarata sta al 43% mentre quella reale supera il 52%. In un simile contesto forse bisognerebbe varare misure concrete per aiutare la ripresa e non continuare a far leva sulla pressione fiscale, salvo poi scatenare la caccia alle streghe dell’evasione».
La crisi picchia e continua a erodere i fatturati delle aziende, però l’evasione non può essere il rifugio da una pressione fiscale, seppure ormai su livelli insostenibili. «Non c’è alcun dubbio — concorda il presidente di Confesercenti — nessuno vuole giustificare o coprire eventuali evasori fiscali. È giusto che il governo scateni una campagna di repressione. Capisco che la lotta agli scontrini possa anche servire da deterrente. Ma contemporaneamente e con la stessa fermezza e tenacia ci aspettiamo che il governo faccia in modo che gli enti pubblici paghino puntualmente i loro debiti nei confronti delle imprese. Inflessibile con gli evasori ma puntuale nel saldare i propri debiti. È questo lo Stato che ci piace e che potrebbe davvero avviare una fase di ripresa economica in un momento tanto complesso». Mettendo da parte accuse e mirini.
Isidoro Trovato
itrovato@corriere.it
RIPRODUZIONE RISERVATA Si sentono sempre nel mirino. E non è una bella sensazione. Dai blitz di Cortina ai dati diffusi ieri, gli imprenditori (soprattutto quelli medio-piccoli) si sentono vittime di un’ingiusta caccia all’evasore. «In una fase in cui i consumi calano fino alla recessione, le banche non ci fanno credito e le tasse aumentano, passare anche come gli evasori che sono la causa di ogni male proprio non ci piace» sbotta Marco Venturi, presidente di turno di Rete imprese Italia, l’Associazione che rappresenta più di due milioni di piccole e medie aziende.
«E poi, proviamo ad analizzarli quei dati — continua Venturi — si tratta di reddito medio dichiarato dagli imprenditori. Però basta verificare quante sono le imprese che in questi anni hanno aperto e quelle che hanno chiuso: si tratta circa di 400 mila aziende l’anno che in quella fase, sia apertura che chiusura, hanno un fatturato quasi azzerato e quindi abbassano sensibilmente la media di tutti». 
Ma i dati divulgati dal Dipartimento delle entrate del ministero dell’Economia dicono che i dipendenti finiscono per dichiarare più dei loro datori di lavoro. Un po’ singolare. «Certo, ma sarebbe corretto evidenziare anche quante sono le imprese familiari in Italia — avverte il presidente di Rete imprese Italia —. Il nostro sistema economico è composto da una buona metà  di aziende a gestione familiare il cui fatturato va quindi suddiviso tra i vari congiunti che lavorano nell’azienda. Del resto, che le Pmi non siano un covo di evasori l’Agenzia delle entrate dovrebbe saperlo bene visto che esistono gli studi di settore per monitorare intere categorie. Il 75% delle piccole e medie imprese rientra pienamente nei parametri indicati dal Fisco dichiarando fatturati congrui e coerenti».
Nella memoria della gente però rimangono le notizie delle incursioni della Guardia di finanza nei centri turistici più esclusivi che provocano come diretta conseguenza un’impennata degli scontrini emessi. «Però questa storia degli scontrini è uno spot un po’ logoro e abusato — obietta Venturi — non si capisce perché a essere presi di mira debbano essere solo i commercianti o i ristoratori, forse perché hanno la porta d’ingresso sulla strada ed è facile entrare? Vorremmo sapere se le stesse incursioni sono state effettuate negli studi professionali oppure nelle grandi imprese dove, magari, non ci sarà  evasione ma elusione probabilmente sì. E invece si continua a utilizzare i piccoli commercianti come parafulmini dell’evasione. Forse sarebbe il caso di ragionare su aspetti concreti: noi stiamo vivendo una delle peggiori crisi degli ultimi 50 anni, l’accesso al credito e pressoché chiuso e la pressione fiscale dichiarata sta al 43% mentre quella reale supera il 52%. In un simile contesto forse bisognerebbe varare misure concrete per aiutare la ripresa e non continuare a far leva sulla pressione fiscale, salvo poi scatenare la caccia alle streghe dell’evasione».
La crisi picchia e continua a erodere i fatturati delle aziende, però l’evasione non può essere il rifugio da una pressione fiscale, seppure ormai su livelli insostenibili. «Non c’è alcun dubbio — concorda il presidente di Confesercenti — nessuno vuole giustificare o coprire eventuali evasori fiscali. È giusto che il governo scateni una campagna di repressione. Capisco che la lotta agli scontrini possa anche servire da deterrente. Ma contemporaneamente e con la stessa fermezza e tenacia ci aspettiamo che il governo faccia in modo che gli enti pubblici paghino puntualmente i loro debiti nei confronti delle imprese. Inflessibile con gli evasori ma puntuale nel saldare i propri debiti. È questo lo Stato che ci piace e che potrebbe davvero avviare una fase di ripresa economica in un momento tanto complesso». Mettendo da parte accuse e mirini.
Isidoro Trovato


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