La rivolta dei coalizionisti

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La nuova legge elettorale – il proporzionale ad uso dei partiti ‘grandi’ – ancora non c’è, forse non ci sarà  mai, ma già  produce effetti. Nel Pd si ricompatta l’area dei prodiani, frontisti della prima ora. Rosy Bindi su Repubblica attacca il suo partito, leggasi Bersani. «Questo accordo espropria i cittadini, che non sceglieranno i parlamentari e non voteranno per la coalizione. Torniamo ai partiti con le mani libere. Non abbiamo grandi partiti, i principali non raggiungono insieme il 50 per cento dei voti. In Italia il bipolarismo o è di coalizione o non è». Applausi amari da Arturo Parisi: «Mai da un membro del gruppo dirigente sono venute parole così chiare sul tradimento della linea iscritta nei documenti ufficiali».
L’altro effetto è sulla sinistra fin qui intenzionata a coalizzarsi con il Pd. Ieri Nichi Vendola, davanti alla direzione del suo partito, ha annunciato la presenza di Sel alle mobilitazioni dei sindacati sull’art.18. Ma poi ha alzato i toni anche sull’accordone elettorale. «Riforma gattopardesca, concentrato di furbizie. È immorale legiferare a favore del trasformismo. Cancellare il vincolo di coalizione equivale a scolpire un potere eterno dei gattopardi. Si è cercato di combinare tutti i sistemi elettorali per confezionare l’abito della convenienza». 
Per ora siamo ai preliminari. Ma se la legge andasse in porto per come è stata annunciata, bisognerà  rassegnarsi a tornare alle vecchie abitudini: i partiti se le suoneranno fino al giorno delle elezioni (competition is competition, diceva Prodi), ma poi il giorno dopo il voto si siederanno al tavolo per comporre una maggioranza. In nome di un parlamentarismo a vantaggio dei partiti più grandi. 
Vendola abbandona i toni sorvegliati che spesso sono stati lodati da Bersani, contro lo stile Di Pietro (inconfondibile, che infatti in questa occasione parla di «vaccata»). Il leader di Sel chiede esplicitamente al Pd di togliere l’appoggio a Monti che sta riuscendo «dove non sono riusciti Berlusconi e Sacconi. La controriforma del lavoro non affronta i nodi veri e demolisce i diritti. Quotidianamente i giornali pubblicano notizie di suicidi di persone che non ce la fanno a fronteggiare i debiti. Qui non c’è un Vendola infuocato a cui ritorna fuori la natura estremista. Penso di avere l’opinione che hanno milioni di italiani sulla riforma. Penso di essere un militante medio del centrosinistra». 
Al netto della richiesta di «staccare la spina», la riflessione critica sul governo è ormai moneta corrente nel Pd. Ieri Stefano Fassina, commentando le parole del ministro Passera («Siamo nel pieno di una seconda recessione»), ha spiegato che non è solo colpa del governo Berlusconi. «La linea di austerità  cieca e di svalutazione del lavoro imposta dai conservatori tedeschi al resto dell’area euro non funziona. Senza una politica che coniughi rigore, coesione sociale e una decisa spinta verso lo sviluppo, i risultati sono recessione, aumento della disoccupazione e del debito». 
Intanto dal Pd partono avvertimenti all’indirizzo del presidente di Sel. «Gioca col fuoco sulla pelle dei lavoratori», dice il franceschiniano Ettore Rosato, «chiedere la caduta del governo non fa fare un passo avanti ai lavoratori e regala a Berlusconi l’opportunità  di tornare a votare con il porcellum». E sarà  proprio questo nei prossimi giorni il refrain con il quale il Pd cercherà  di far digerire al suo popolo una legge elettorale pur che sia. Così la senatrice Anna Finocchiaro: «A me importa una cosa prima di tutto: che si spazzi via il porcellum. Chi parla di inciuci vuole mantenere lo status quo». Alleato avvertito: definizioni come inciucio, trasformismo, vaccata, «truffa della casta» e «baratto di regime» (copyright radicale) saranno altrettante condanne di conservatorismo per chi le pronuncia. 
E invece a Vendola arrivano i complimenti non proprio disinteressati di Paolo Ferrero. Il Prc rilancia un tema che rischia di tornare d’attualità , se mai l’accordone diventasse legge: «Sono contento che Vendola si sia ricreduto. Gli propongo ancora un passo in avanti: di costruire insieme l’opposizione al governo, con il sindacato, per fermarlo e mandarlo a casa e nel contempo unire la sinistra».


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