A Dell’Utri l’asta dei volantini Br

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MILANO — Il martelletto del battitore tutto sommato è leggero, ha una certa immagine innocua, se ne sta nascosto sotto una mano. Eppure emette il suono d’un gigantesco gong che diffonde l’eco in una valle intera quando alle 12.09 arriva l’annuncio: «Aggiudicato a 17 mila euro».
Il lotto 243 dell’asta della casa di collezionismo Bolaffi, diciassette volantini delle Brigate Rosse, va a Marcello Dell’Utri, o meglio alla sua biblioteca di via Senato. Ressa di giornalisti nella sala con una settantina soltanto di posti a sedere, pacifici vecchietti venuti per far da spettatori a una mattinata d’arte urtati e travolti, l’aria condizionata che non basta più per tutti, e in fondo, dietro l’ultima fila, il patron Alberto Bolaffi che osserva più stupito che arrabbiato questo caos da stazione ferroviaria d’agosto in un ambiente solitamente ovattato. 
Pubblicità  gratuita, dirà  qualcuno. Non doveva accettarli, i volantini, protestano altri come il signor Giovanni Berardi, orfano del maresciallo di polizia Rosario assassinato a Torino nel ’78 dalle Br, e oggi presidente dell’Associazione vittime del terrorismo. Aveva parlato con Bolaffi, Berardi, e avevano raggiunto un accordo (forse riparatore). La Bolaffi avrebbe messo sul piatto la stessa cifra proposta dai parenti per provare a conquistare i volantini. Cioè duemila euro, che sarebbero divenuti quattromila: ben poco si sarebbe fatto, Berardi confessa d’aver chiesto ovunque, al ministero dell’Interno, al Comune di Torino, però nessuno l’ha aiutato a trovare uno straccio di finanziamento aggiuntivo, duemila euro avevano in cassa, basta. E poi, comunque, sinceramente non c’era gara.
Un ragazzo in sala, un anonimo via Internet, l’associazione: questi i contendenti. Dell’Utri ha partecipato all’asta via telefono. Alla cornetta c’era personale della sua segreteria. Il ragazzo ha tenuto botta fino a metà , quello di Internet ha iniziato presto a barcollare, la squadra di Dell’Utri probabilmente sarebbe arrivata a chissà  quale cifra. Il senatore voleva i documenti, fra i quali c’è il volantino di condanna a morte per Aldo Moro, datati 1974-1978, allora distribuiti fuori dalle fabbriche, nelle scorse settimane rinvenuti fra le carte abbandonate di una ex Casa del popolo e dallo scopritore consegnati alla Bolaffi per venderli.
Dice in fase di commento Maurizio Piumatti, amministratore delegato della casa di collezionismo, che «siamo contenti». Di Dell’Utri? «Della biblioteca e della sua passione per i documenti storici. I volantini sono testimonianze di un periodo della vita d’Italia. Non ci spettano giudizi».
In sala la buriana è passata, battono una ciocca di capelli di Garibaldi, un documento dattiloscritto firmato «Hitler», un autografo di Saddam Hussein. 
Il signor Berardi nel pomeriggio rientra a Torino. In serata farà  un calcolo («17 mila euro sono la mia pensione in un anno») e una considerazione: «Mi ha chiamato Dell’Utri, dice che dobbiamo risentirci per una mostra. Ma con calma, non subito, dopo le feste di Pasqua».


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