«Più potere o niente soldi» I Brics avvisano il Fmi (e la Ue)

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I Paesi riuniti sotto l’acronimo Brics — Brasile, Russia, India, Cina, Sudafrica — hanno affermato che se si chiede loro di versare denaro per uscire da una crisi finanziaria gestita in modo pessimo da America ed Europa, che ha provocato uno «tsunami monetario», allora si deve anche riconoscere il loro ruolo nel governo del sistema economico-finanziario globale. Al centro della questione è il fatto che il Fmi vuole avere risorse finanziarie adeguate per partecipare alla costruzione del cosiddetto muro antincendio (prestiti ai Paesi in difficoltà ) da costruire in Europa affinché le crisi non si propaghino da un Paese all’altro. Nella dichiarazione finale di New Delhi, i cinque grandi emergenti dicono che «gli sforzi in corso per aumentare la capacità  di prestito del Fmi avrà  successo solo se ci sarà  fiducia che l’intera istituzione è veramente impegnata a mettere in pratica con sincerità  la riforma del 2010». La riforma del 2010 è appunto quella che dà  più poteri e voti ai Paesi emergenti nel Fmi, ma non è ancora in essere per ritardi di Washington. I cinque Brics hanno anche criticato le banche centrali americana ed europea perché immettono nel sistema finanziario mondiale grandi quantità  di denaro che creano volatilità  nei flussi finanziari — gli investimenti che entrano ed escono da un Paese — con effetti destabilizzanti anche nelle economie emergenti. Un modo di fare impensabile fino a cinque anni fa.


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La gravità  della situazione è ben nota e sono ben note le sollecitazioni provenienti dall’Europa per il risanamento della finanza pubblica. In questo contesto si assiste al moltiplicarsi delle iniziative legislative, più o meno tecnicamente attrezzate e praticabili, volte a porvi rimedio. L’obiettivo di rassicurare in questo modo i mercati può essere di per sé condivisibile, anche se rimane qualche perplessità  circa l’efficacia delle soluzioni prospettate.

UN PAESE SUL PRECIPIZIO

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«La crisi è alle spalle»: SuperMario a fine marzo non aveva dubbi e ad libitum ripeteva con convinzione questa affermazione. Falso ovviamente: nella crisi siamo immersi fino al collo e la conferma è arrivata ieri con i dati Istat sull’occupazione. O meglio: sulla disoccupazione il cui tasso in ottobre è salito al record dell’11,1%. L’equivalente di poco meno di 3 milioni di disoccupati. In un solo mese l’Istat ha contato 93 mila disoccupati in più con un incremento del 3,3%.

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