«La stretta del credito c’è Siamo ancora in recessione»

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ROMA — Riforme, e ancora riforme. Corrado Passera, ministro dello Sviluppo economico, prescrive una sola ricetta per uscire da una crisi che considera tutt’altro che alle spalle. «Siamo nel pieno di una seconda recessione — ha detto ieri in un’audizione alla Camera — e questo trend, se dobbiamo prendere per buone le previsioni, durerà  tutto l’anno». 
Il problema per imprese e famiglie ha un nome ormai diventato consueto, che l’ex banchiere conosce bene: credit crunch, letteralmente «stretta del credito», cioè l’indisponibilità  delle banche a fornire liquidità . 
Per Passera si tratta di «un supertema per una serie di gravi cause: mancanza di liquidità , aumento delle sofferenze, regole bancarie che hanno tolto altro capitale alle banche. «Dobbiamo agire subito» sollecita.
Sul punto ieri è intervenuto da Napoli Giovanni Bazoli, presidente del consiglio di Sorveglianza di Intesa San Paolo, la banca di cui Passera è stato, prima di diventare ministro, amministratore delegato. «Non ci sentiamo responsabili di questo (il credit crunch, ndr) — ha detto Bazoli — come dimostrano i numeri».
Quanto alle numerose accuse piovute sulle banche, Bazoli le ha difese: «So bene — ha detto, sollecitato dai cronisti — che in questo momento l’impopolarità  delle banche è giunta a un punto estremo e a mio avviso ingiustificato. Con questo non voglio dire che non ci siano carenze o situazioni in cui ci può essere motivo di lamentela nei confronti delle banche». 
Per il banchiere bresciano questa impopolarità  deve indurre le banche «a valutare a fondo le ragioni serie a cui porre rimedio e quelle a cui bisogna porre rimedio con una maggiore attenzione alla comunicazione, perché molte di queste ragioni, se ci fosse maggiore comunicazione, cadrebbero». 
In ogni caso, osserva, non bisognerebbe generalizzare: «Come sempre si fa di tutta un’erba un fascio — ha detto il banchiere — : la gente accomuna le banche americane a quelle europee e a quelle italiane senza alcuna distinzione. Ma la crisi è nata dal sistema finanziario, in particolare dalle banche americane. Se non si fa una distinzione tra le diverse situazioni, anche le banche italiane risentono ingiustamente delle accuse rivolte alle banche americane di avere procurato la crisi». 
A distanza di quattro anni dall’inizio di questo periodo, sostiene Bazoli, «le banche italiane sembrano il capro espiatorio della crisi: ci sono molte ragioni che vanno indagate per essere respinte. Però io credo che le banche debbano fare un esame di coscienza a fondo per vedere le ragioni vere da cui deriva questa impopolarità  per porvi rimedio». 
Intanto la giornata di ieri è parsa tra le più difficili sul piano internazionale e non solo: si è passati dalle pessime stime dell’Ocse per il Pil (Prodotto interno lordo) italiano, che valuta per il primo trimestre in contrazione dell’1,6%, fino al brusco calo (-3,3%) di Piazza Affari, passando per la tensione sui titoli di Stato, con lo spread che ha chiuso sopra quota 340 punti. Certo il problema non è solo l’Italia e la riforma del lavoro che sta mettendo in difficoltà  la tenuta del governo: pesano i timori sul salvataggio della Grecia, lo spettro di una ristrutturazione del debito della Spagna e del Portogallo. 
«Per uscire dalla recessione — ha dichiarato Passera — dobbiamo accelerare su tutte le riforme strutturali in programma e su tutte le leve della crescita». Solo così, ha aggiunto il ministro in un successivo intervento al congresso dell’Ugl, già  nel 2012 saranno possibili «cambi di velocità » sul fronte della crisi economica.


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