Fondo salva-Stati da 940 miliardi da sbloccare in parte all’unanimità 

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COPENAGHEN – Sul rafforzamento del fondo salva-Stati si profila un compromesso al rialzo, che i ministri dell’Eurogruppo dovrebbero approvare oggi nella loro riunione informale a Copenaghen. Secondo la bozza messa a punto dagli “sherpa” dei ministri, alla fine, la cifra che potrebbe essere mobilitata in caso di emergenza, e con il consenso unanime di tutti i Paesi interessati, arriverebbe a 940 miliardi di euro.

Finora il braccio di ferro era tra chi, come il Fondo Monetario internazionale, la Commissione e diversi Paesi tra cui la Francia, chiedevano di creare un firewall di circa mille miliardi di euro, e la Germania che, come al solito, giocava al ribasso. Per molti mesi la cancelliera Angela Merkel e il suo ministro delle finanze Wolfgang Schà¤uble hanno preteso che il nuovo fondo salva-Stati, Esm, dotato di una capacità  di intervento di 500 miliardi di euro, assorbisse gli impegni e le disponibilità  del vecchio fondo provvisorio Efsf, che era dotato di 440 miliardi di cui 200 già  impegnati. In pratica, dunque, l’aumento del firewall europeo si sarebbe ridotto a soli 60 miliardi di euro, e la capacità  di intervento rimasta sarebbe stata di appena 300 miliardi. Una cifra chiaramente inadeguata sia ad aiutare un Paese di grandi dimensioni, come l’Italia e la Spagna, sia ad intervenire sul mercato dei titoli di stato sostituendosi alla Bce, sia a sostenere la ristrutturazione del sistema bancario.
Dopo l’approvazione del Trattato sulla governance di bilancio, la Cancelliera ha però, come previsto, allentato un poco i cordoni della borsa. Ma non troppo. La concessione tedesca è arrivata fino a prevedere che il nuovo fondo Esm aggiungesse alla propria disponibilità  di 500 miliardi anche la responsabilità  dei 200 già  impegnati dall’Efsf, portando così l’entità  complessiva del “firewall” a 700 miliardi. La tesi tedesca è che in realtà , se tutti i governi rispettassero gli impegni di bilancio come si sono vincolati a fare con il Trattato, del Fondo salva stati non ci sarebbe di fatto bisogno. Ma questa visione è stata contestata da tutti. Sia il Fmi, sia la Commissione europea, sia diversi Paesi, primo fra tutti la Francia, hanno avanzato la cifra di circa mille miliardi come un “firewall” plausibile, in grado di prevenire attacchi speculativi da parte dei mercati. Il compromesso messo a punto si avvicina in realtà  a questa cifra, pur consentendo ai tedeschi di dire che i loro paletti sono stati rispettati. La bozza su cui i ministri discuteranno questa mattina prevede infatti di sommare i 500 miliardi dell’Esm ai 440 del vecchio Efsf (di cui duecento sono già  impegnati). L’Efsf resterebbe in vita fino al luglio del 2013. Ma i suoi 240 miliardi di finanziamenti ancora disponibili potrebbero essere sbloccati solo «in circostanze eccezionali, sulla base di una decisione unanime dei capi di governo e qualora i fondi dell’Esm risultino insufficienti». 
L’accordo consente di accontentare tutte le esigenze. I mercati ricevono un messaggio forte, e cioè che in caso di necessità  l’Unione monetaria è in grado di sbloccare nuovi finanziamenti pari a 740 miliardi (cui si dovrebbero in teoria aggiungere circa 250 miliardi del Fmi). La Germania vede riconosciuto il fatto che il nuovo Fondo resta a 500 miliardi, cui si aggiungono i 200 già  impegnati per Irlanda, Grecia e Portogallo. Il possibile utilizzo dei 240 miliardi del vecchio fondo è limitato fino al luglio 2013. Dopo quella data, se tutti i governi avranno riportato i bilanci in sostanziale pareggio, la possibilità  di un massiccio attacco speculativo contro grandi Paesi come la Spagna, la Francia o l’Italia dovrebbe in realtà  essere scongiurata.
Si è deciso anche di accelerare il versamento delle rate per il finanziamento dell’Esm, che sarà  completato in tre anni anziché in cinque come previsto inizialmente. I 500 miliardi del nuovo fondo potranno essere utilizzati non solo per prestiti a Paesi sotto attacco, ma anche per interventi di calmiere sul mercato dei titoli di stato (un onere finora sulle spalle della Bce) e per aiuti alla ricapitalizzazione del sistema bancario europeo.


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