Obama rischia la salute

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La riforma sanitaria del presidente americano Barack Obama sta dividendo il paese e sembra ora appesa a un filo. Ieri la Corte Suprema degli Stati Uniti si è riunita per il terzo e ultimo giorno di udienza e la sentenza, attesa per giugno, potrebbe avere un peso notevole sulle elezioni presidenziali del prossimo novembre. Ad essere in discussione è l’individual mandate, la parte più controversa della riforma approvata nel marzo 2010, che obbligherebbe tutti i cittadini americani ad acquistare una copertura sanitaria entro il 2014 o a pagare una multa in caso contrario. Ventisei stati avevano presentato ricorso contro la riforma, definendo questa imposizione un abuso di potere del Congresso. L’amministrazione Obama si è invece sempre difesa sostenendo che il Congresso ha il compito di regolare il commercio interstatale ed è responsabile per i problemi economici su scala nazionale. La decisione dei giudici della Corte Suprema, che nei prossimi mesi si scambieranno pareri, e il dibattito politico ruotano proprio attorno ai limiti del governo federale. L’amministrazione Obama è accusata di socialismo di stampo europeo dai suoi detrattori in tutto il paese. Dall’altro lato, i democratici ritengono necessaria una riforma sanitaria che permetta a tutti i cittadini di avere una copertura medica, si parla di decine di milioni di persone scoperte, ma fra loro alcuni accusano il presidente di una riforma troppo moderata e distante da una sanità  accessibile e gratuita per tutti. Per quanto, come scrive il New York Times, sembra che la riforma di Obama sia in serio pericolo e una sconfitta per 5 voti a 4 altamente probabile. La Corte sembrerebbe infatti incline a giudicare incostituzionale l’individual mandate aprendo un secondo dibattito sul resto della legge: può la riforma sopravvivere se la sezione chiave fosse incostituzionale? I giudici della Corte Samuel Alito, nominato da George W. Bush, e Antonin Scalia, nominato da Ronald Reagan, sono profondamente contrari all’Obamacare e ritengono che tutta la riforma debba essere abrogata. Favorevoli sono invece i quattro giudici di aerea democratica, Ruth Ginsburg e Stephen Breyer, nominati da Bill Clinton, e Sonia Sotomayor ed Elena Kagan, nominate da Obama, mentre in bilico sono i due giudici conservatori che si sono a volte espressi con i democratici, il presidente della Corte John Roberts, nominato da George W. Bush, e Anthony Kennedy, nominato da Reagan. A loro si affidano le ultime speranze di Obama di salvare una riforma che è stata nel 2008 la sua principale promessa elettorale, ma le indicazioni degli ultimi giorni sembrerebbero lasciare poche speranze al presidente. «Costringere gli americani ad acquistare l’assicurazione sanitaria aprirebbe la porta ad altre richieste intrusive da parte del governo federale», ha spiegato il presidente Roberts, «come costringere la gente ad acquistare cellulari o diventare soci di una palestra». Lo scorso anno una corte d’appello di Atlanta, in Georgia, aveva giudicato incostituzionale l’individual mandate ma aveva difeso il resto della riforma. Sia l’amministrazione Obama che i 26 stati che hanno presentato ricorso non sono però d’accordo con questa sentenza. Edwin Kneedler, avvocato dell’amministrazione, ha una posizione intermedia. Se l’individual mandate fosse bocciato, dovrebbero essere abrogate anche altre due parti: quella che proibisce alle compagnie assicurative di negare le polizze a chi ne fa richiesta e quella che proibisce loro di prendere in considerazione le condizioni mediche preesistenti dei richiedenti. Durante l’ultimo giorno di udienza il dibattito è stato molto intenso e soprattutto Kennedy è apparso estremamente interessato alla questione. Non sembra tuttavia che la Corte abbia già  raggiunto un’intesa sulla maggiore ristrutturazione della sanità  degli ultimi 50 anni e Obama può ancora sperare di salvare questa riforma su cui ha puntato molto. Una sconfitta, oltretutto, potrebbe pagarla cara a novembre.


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