Cappella della Sindone ricorsi, scandali e misteri così il restauro è infinito

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TORINO – Il vero mistero è il cantiere. Quello che da quasi vent’anni occupa la cappella di Guarino Guarini, punto magico, per chi ci crede, nella città  della Sindone. Per gli scettici invece la cappella del Duomo di Torino è una delle massime testimonianze del barocco ed è un vero peccato, questo sì, che dal 1993 sia impossibile da visitare. Uno scandalo certamente. Oportet ut scandala eveniant, dicevano i latini. E forse quest’ultimo servirà  ad accelerare uno dei restauri più faticosi del secondo dopoguerra.
La notte dell’11 aprile del 1997 il fuoco aveva trasformato la cappella in un camino che aveva illuminato il centro della città  fino all’alba. La Sindone, che si trovava dietro l’altare maggiore, era stata portata via di corsa. Uno dei vigili del fuoco che era intervenuto gridava fuori di sé: «Ho salvato il simbolo della cristianità ». Scene da Alto Medioevo. Dal giorno dopo, finita l’epica, sono cominciati i problemi veri. Perché il cantiere preesistente, iniziato nel 1993 e programmato per concludersi poche settimane dopo l’incendio, era andato distrutto. E la cappella aveva subito danni gravissimi, tali da metterne in forse la stessa stabilità .
Era cominciato così il «cantiere della conoscenza», un giro di parole per dire che non si sapeva bene da che parte cominciare. Primo mistero: come calcolare la staticità  di una cappella di cui non si conoscono i calcoli. Guarini era un genio della geometria e i suoi disegni sono andati in gran parte perduti. Aveva ideato un complicato sistema di conci per realizzare la costruzione circolare senza una struttura portante. Ma ci sono due o tre persone al mondo che sono in grado di sciogliere il mistero di Guarini. L’ex professore del Politecnico di Torino, Franco Rosso, ha studiato minuziosamente la cappella e ha realizzato disegni precisissimi. Ma ha scelto di tenerli per sé. L’ingegnere pugliese Giampiero Di Lella si è laureato a Torino nel 1999 con una tesi sugli «Aspetti strutturali e costruttivi della cappella», ha realizzato un modello in gesso e lo ha depositato all’Archivio di Stato di Torino. Naturalmente dando severe disposizioni di non mostrarlo a nessuno. Nel frattempo il «cantiere della conoscenza» ha continuato invano a cercare di sciogliere il mistero. 
Questo non ha impedito di proseguire i lavori, catalogando ogni reperto e costruendo all’interno una grande struttura di tubi di metallo per evitare crolli improvvisi. Ed ecco il secondo mistero: l’incendio ha cotto i marmi neri e bigi di Frabosa che rivestivano la cappella. Bisogna dunque sostituirli. Ma la cava vicino a Cuneo, è stata chiusa dopo la morte di Guarini (1683). E oggi c’è chi giura che non sarebbe utilizzabile. Dunque dove reperire i nuovi marmi? È certo che senza marmi non si può riaprire il cantiere.
Che oggi langue tra le polemiche. Il direttore regionale dei Beni Culturali del Piemonte, Mario Turetta, assicura che i lavori potrebbero finire entro il 2015, in tempo per l’Expo di Milano. Ma non sono pochi quelli che ne dubitano. È un fatto che la ditta che doveva eseguire i lavori è stata esautorata nel 2011. La nuova società  incaricata dell’opera non ha ancora di fatto preso in mano il cantiere e si troverà  di fronte a una vera e propria via crucis fatta di carte da bollo e disegni scomparsi. E con i soldi contati: «Anzi – sostiene il direttore regionale Turetta – mancano all’appello sei milioni» E c’è chi trema all’idea di sbagliare ancora una volta: «Il precedente vescovo – dice un alto prelato della città  – ha eretto la nuova chiesa del Santo Volto. Sarebbe imperdonabile che noi oggi rischiassimo il crollo della cappella della Sindone».


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