Rajoy perde il primo test elettorale

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Con il 40,7%, ottiene una vittoria di Pirro che non le consentirà  di governare. Il Partito socialista (Psoe) perde terreno ma non crolla (raggiunge un onorevole 39,5%) e Izquierda Unida (Iu) avanza in maniera significativa, passando dal 7 all’11,3%. Risultato: le due forze di sinistra coalizzate potranno formare il prossimo esecutivo dell’importante regione meridionale, sommando 59 seggi contro i 50 dei conservatori del premier Mariano Rajoy. 
La svolta a destra dopo trent’anni di ininterrotta gestione socialista, quindi, non avrà  luogo. Ieri si sono riuniti gli organismi dirigenti delle due formazioni progressiste e tutto è pronto per l’inizio delle consultazioni fra loro; al momento, pare che Iu preferisca far parte della maggioranza senza tuttavia esprimere rappresentanti nel governo regionale, che continuerà  a essere guidato dal sessantacinquenne socialista José Antonio Grià±à¡n. Qualcosa di più di un semplice appoggio esterno, ma non ancora un gabinetto bipartito: pesano le non poche differenze che hanno separato la federazione rosso-verde (il cui nucleo è il Partito comunista) e il Psoe andaluso, negli scorsi anni poco incline al dialogo a sinistra. 
Anche nell’altra comunidad al voto, le Asturie, il partito di Rajoy non può cantar vittoria: è addirittura terzo (con il 21,5%), superato dai socialisti (primi con il 32%) e da una formazione regionalista di centrodestra, Foro Asturias, guidata dall’ex vicesegretario del Pp e governatore uscente Francisco àlvarez-Cascos (24,9%). Ottimo risultato per Iu (13,8%), tradizionalmente molto radicata in questo territorio. Qui i rapporti di forza parlamentari sono più complessi. Sulla carta, i regionalisti e il Pp avrebbero (solo per un seggio) i numeri necessari a formare una maggioranza conservatrice, ma i pessimi rapporti fra le due organizzazioni rendono difficile un accordo. Il Foro è, di fatto, una scissione del Pp, e tra ex compagni di partito non corre buon sangue. Il giorno dopo il voto, in ogni caso, tutto sembra ancora in alto mare, anche perché non sono ancora state conteggiate le schede provenienti dai residenti all’estero, che potrebbero cambiare l’attribuzione di un deputato in favore dei socialisti – rendendo quindi impossibile una maggioranza di centrodestra. 
Ufficialmente, i populares si dicono soddisfatti. Nelle valutazioni di domenica sera della numero due del partito Dolores de Cospedal e nelle dichiarazioni di ieri di Rajoy, in viaggio a Seul, è suonato lo stesso refrain: «Abbiamo vinto in Andalusia ottenendo il migliore risultato di sempre». Vero: ma «vincere» senza poter governare assomiglia molto a perdere. Soprattutto se si considera che alle politiche dello scorso novembre in questa comunidad il Pp superava il Psoe di ben nove punti, ridotti a un magro 1,2% dopo soli quattro mesi. Le regionali seguono certo una logica propria, ma nemmeno ciò depone a favore dei conservatori: i socialisti andalusi, infatti, arrivavano all’appuntamento con le urne piuttosto sfibrati, nel pieno di uno scandalo di corruzione che ha coinvolto alti dirigenti dell’amministrazione regionale. La voglia di ricambio dopo trent’anni di ininterrotta egemonia del Psoe sembrava condannare inesorabilmente il partito della rosa nel pugno. Che, invece, ha dimostrato capacità  di resistenza: e da qui potrà  cominciare la sua difficile risalita.
Rajoy promette di non cambiare di una virgola la sua politica di «austerità » e «riforme», dicendosi convinto che il risultato di domenica non abbia nulla a che fare con i tagli allo stato sociale e con i provvedimenti in materia di mercato del lavoro. Venerdì potrà  dimostrare la propria determinazione, quando il Consiglio dei ministri varerà  una legge finanziaria che si annuncia durissima. Il giorno prima lo sciopero generale offrirà  un’ulteriore prova del consenso di cui godono le scelte del governo. Da domenica, si può cominciare a sperare che non sia così alto come Rajoy vuol far credere.


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