C’era una sostanza velenosa nel test letale contro le allergie
BARI — Non era sorbitolo. La sostanza acquistata su eBay che ha ucciso Teresa Sunna, la ventinovenne morta a Barletta dopo un test sulle intolleranze alimentari, non era l’E420 che il medico pensava di averle somministrato. Ma nitrito di sodio con una concentrazione del 70%. Ne basta un grammo e mezzo per uccidere una persona, Teresa ne aveva ingeriti 5 grammi. E ora, mentre il portale online ha bloccato le vendite in tutto il mondo, è scattata la ricerca degli altri acquirenti di quella partita commercializzata dalla R&D, un’azienda di Belfast, che rivende il sorbitolo prodotto in Italia. La Procura di Trani, mediante il ministero della Salute, ha subito diffuso l’allerta. E, grazie alla collaborazione degli investigatori inglesi e irlandesi, le indagini hanno già portato all’individuazione di una lista di 22 acquirenti dello stesso prodotto contraffatto. Solo uno dei quali sarebbe in Italia.
È questo il primo risultato dell’autopsia compiuta ieri pomeriggio a Bari sul corpo della studentessa avvelenata sabato mattina nello studio privato, non autorizzato dalla Asl, del dottor Ruggero Spinazzola. L’aveva mandata lì, per quel bruciore allo stomaco che non passava, il suo medico curante Mario Donato Pappagallo, ora indagato per omicidio colposo come Spinazzola. Ieri è stato perquisito anche lo studio di Molfetta di Pappagallo, dopo gli accertamenti già compiuti nella struttura di Barletta dove sabato mattina, per la prima volta, al posto del consueto glucosio, Spinazzola aveva somministrato il sorbitolo acquistato su Internet e ora risultato nitrito di sodio (il «salnitro» usato in micro dosi come conservante), alla ragazza e alle altre due donne rimaste intossicate, ormai fuori pericolo. E dove erano stati trovati anche farmaci scaduti.
Ora ci si chiede se è stato un tragico errore dell’azienda che ha inviato una sostanza al posto dell’altra. E come è potuto accadere. Anche se sono in corso accertamenti per capire se davvero il medico avesse consultato attentamente la scheda del prodotto, come lui ha sostenuto ai poliziotti di Barletta, coordinati dal vicequestore Santa Mennea. Giacché sul sito della Mistral, la branca commerciale dei prodotti R&D, al paragrafo «Termini e condizioni» si legge: «Nessuno dei prodotti venduti dai laboratori R&D è per uso umano o animale» e «non sono da usare nella preparazione di medicinali».
«È tutto assurdo», ripete a ragione il fratello di Teresa. «Mia sorella si stava per laureare, era andata a fare dei semplici test di intolleranza alimentare e invece è morta per questa sostanza che le hanno fatto ingerire». Chiedono solo «giustizia» i familiari della ragazza. E non riescono ancora a spiegarsi come si può morire così. Avvelenati per un risparmio di pochi centesimi. Il pacco da 5 chili era costato 22 sterline e 89 (circa 25 euro). E ne sono bastati cinque grammi per uccidere Teresa e ridurre in prognosi riservata Addolorata Piazzolla e Anna Abrescia, salvate solo dal provvidenziale intervento del dottor Cosimo Cannito, del centro antiveleni dell’Ospedale Miccoli, che ha somministrato loro l’antidoto. Teresa non ha avuto nemmeno quella possibilità . È arrivata troppo tardi all’ospedale. Perché? I medici dicono di aver tentato di rianimarla sul posto, come da protocollo. A differenza delle altre due pazienti, Teresa non ha vomitato, ed è passata dal coma all’arresto cardiocircolatorio. Ma il legale della famiglia Sunna è cauto: «I soccorsi sono stati chiamati subito, ma non conosco l’ordine in cui i sanitari sono intervenuti». Per il ministro della Salute Renato Balduzzi la vicenda è «seria e pone il problema degli acquisti online dei farmaci».
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