Visite storiche e no Wojtyla 1998 Ratzinger 2012
In tanti si aspettavano che il «liquidatore» del socialismo reale in Polonia, in Unione sovietica, in Jugoslavia (e il «giustiziere» della Teologia della liberazione in America latina) andasse a Cuba per dare il colpo di grazia a uno degli ultimi e più ostinati regimi socialisti ancora in piedi nonostante il crollo del Muro e dell’Urss. Ci aveva già provato, una decina d’anni prima, marzo ’89, Mikhail Gorbaciov arrivato anche lui a Cuba fra molte attese, per consigliare Fidel di intraprendere la perestojka e annunciare il taglio dei fondi che avevano tenuto in piedi per decenni l’asfittica economia cubana. Dopo Cuba era entrata nel tremendo «periodo especial» ma non era caduta, aveva resistito anche se il «modello» cubano aveva perso la sua brillantezza.
In tanti si chiedevano se Cuba avrebbe resistito anche al «terminator» polacco. Credevano che in quei giorni avrebbe fatto, o si sarebbero verificati, sfracelli. I tg delle tv Usa trasmettevano in diretta dall’hotel Habana libre per dare «la notizia» in tempo reale.
Non accadde nulla di tutto questo. Wojtyla potè viaggiare in lungo e in largo l’isola, dire messe pubbliche, pronunciare omelie. Con Fidel sempre in prima fila, in chiesa o in piazza. Anzi, si creò una evidente empatia fra due personalità nel bene e nel male (a seconda dei gusti) carismatiche. La visita terminò ai piedi dell’aereo che riportava Wojtyla in Vaticano con le famose parole del papa: «Che il mondo si apra a Cuba, che Cuba si apra al mondo», dove, se proprio c’era da scegliere, sembrava che l’accento fosse più sull’esortazione critica agli Usa perché abbandonassero l’ossessione anti-cubana e il blocco economico.
Questa di Ratzinger di certo non sarà una visita altrettanto storica. La strada è quella tracciata da Wojtyla che il pastore tedesco ha ricordato ieri in aereo: «collaborazione e dialogo». Non ha rinunciato alla sconata stoccata all’ideologia marxista che «non risponde più alla realtà », né alla banalità (oltre tutto storicamente falsa) che la chiesa «sta sempre dalla parte della libertà ».
Ma anche questa volta, dovendo scegliere, sembra che l’enfasi batta sullo «spirito di collaborazione e dialogo» (accentuata dalla critica aperta e ripetuta all’embargo Usa). Ratzinger arriva lunedì a Cuba dopo un decennio di «collaborazione e dialogo» che hanno fatto del cardinale Jaime Ortega, di fatto, il contraltare del potere castrista. La liberazione, l’anno scorso, degli oltre cento «detenuti di coscienza», grazie alla mediazione della chiesa, è la prova.
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