Nel carcere di Saluzzo No Tav in cella da 41bis

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TORINO – Giorgio Rossetto, uno dei No Tav arrestati il 26 gennaio scorso, da quasi due mesi detenuto nel carcere di Saluzzo, è recluso – denuncia il movimento – in uno speciale braccio di isolamento, come quello costruito per l’applicazione dell’articolo 41bis riservato ai mafiosi. È in attesa di giudizio ma l’ora d’aria «la trascorre in un cunicolo anziché all’esterno». Motivo è il sovraffollamento. 
Ieri, una delegazione, composta dall’europarlamentare Gianni Vattimo (Italia dei Valori), dai consiglieri regionali Eleonora Artesio (Federazione della Sinistra) e Fabrizio Biolè (Movimento 5 Stelle) e dai volontari dell’associazione Antigone, ha visitato il carcere e ha chiesto al ministero della Giustizia un’ispezione. E che venga risolto il problema alla radice: ovvero ridurre da 430 a 200 il numero dei detenuti, visto che questi sono i posti disponibili. «Il sovraffollamento determina situazioni del tutto anormali – ha spiegato Artesio – come quella di Rossetto, ovvero di persone in attesa di giudizio che si trovano rinchiuse nel settore di massima sorveglianza, con limitazioni sulle ore di socialità . Inoltre, chi è in attesa di giudizio non può partecipare alle attività  di laboratorio. E diversi detenuti hanno ribadito il problema di non poter ottenere in tempi ragionevoli delle visite mediche specialistiche».
«Insieme agli altri militanti – raccontano i compagni – Rossetto non ha piegato la testa e anche dietro le mura ha continuato a battersi per le condizioni dei detenuti». Con altri undici ha denunciato in un documento la pesante situazione: «Le gabbie degli animali – scrivono i dodici detenuti – hanno almeno le reti e le sbarre, mentre qui c’è solo un alto muro di cemento. Se in uno spazio simile ci fosse un animale con un peso superiore a 15 chilogrammi, si arrabbierebbe persino la Protezione animale. La direzione si giustifica dicendo che questa è una casa di reclusione (penale) e non una casa circondariale. Per salire nelle 6 sezioni del carcere bisogna essere ‘definitivi’. Lì ci sono laboratori, le attività  in comune, la palestra, l’area per giocare a pallone». 
Il movimento valsusino ha lanciato una campagna di denuncia: «Una battaglia di dignità  e di resistenza». Ieri, in conferenza stampa, Alberto Perino ha sottolineato «come i governi abbiano recuperato i 168 milioni di euro destinati al tunnel geognostico di Chiomonte, tramite una delibera del Cipe, da fondi destinati e vincolati all’edilizia scolastica e, ironia della sorte, all’edilizia carceraria». In chiusura, Lele Rizzo, comitato di lotta popolare di Bussoleno, ha ricordato «come tutti i No Tav abbiano da subito lottato per denunciare la situazione carceraria loro e di tutti i detenuti».
Intanto, in piazza Castello continua il digiuno pubblico a staffetta «Ascoltateli!» (www.ascoltateli.org), con l’aiuto e l’assistenza del Centro Studi Sereno Regis: un’azione collettiva e nonviolenta per la riapertura del dialogo sulla vertenza Tav. Hanno aderito intellettuali, politici e cittadini.


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    VORREI cominciare da una domanda: voi sapete che cos’è un ergastolo ostativo? Non è un espediente retorico: io stesso, che mi picco di conoscere le faccende penitenziarie, ho appreso solo di recente che esiste, dal 1992, una cosa che si chiama ergastolo ostativo. In breve, vuol dire che per certi reati ritenuti di particolare gravità  è esclusa senza riserve l’eventualità  che la pena carceraria finisca, o si muti in pene, come si dice, alternative: niente permessi, niente lavoro esterno, niente riduzioni di pena per buona condotta – come si potrebbe ridurre una pena che si decreta senza fine? Quel genere di condanna all’ergastolo “osta” a qualsiasi modificazione, per quanto tempo passi e per quanto cambi la persona condannata. Se questa, come immagino, è per i più una notizia, lo è tanto più perché contraddice quel luogo comune così spesso e disinvoltamente ripetuto secondo cui «l’ergastolo in Italia non esiste», «dopo un po’ di anni escono tutti».

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