Sì finale alle liberalizzazioni Il governo al lavoro sul fisco Le novità  principali

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ROMA — Stavolta non c’è la fiducia a spingere verso il sì pure chi ha qualche dubbio. E alla Camera il voto finale sul decreto legge per le liberalizzazioni si chiude con 356 sì, quasi cento in meno rispetto alla fiducia del giorno prima. Poi ci sono 61 contrari, tra quali il pdl Gianni Mancuso, e sei astenuti. Ma soprattutto una valanga di assenti, compresi Angelino Alfano e Pier Luigi Bersani, anche perché al giovedì pomeriggio il partito di maggioranza diventa quello del trolley, con i deputati che partono per tornare a casa. Il decreto è legge, con due soli giorni di anticipo rispetto alla scadenza per la conversione. «Sono molto soddisfatto», dice il presidente del consiglio Mario Monti uscendo dall’Aula. Pochi minuti dopo un comunicato di Palazzo Chigi parla di «traguardo importante nel difficile percorso verso la crescita economica». E torna sulle polemiche che hanno accompagnato questi due mesi.
Le resistenze delle lobby, ad esempio le farmacie che annunciano una serrata per giovedì prossimo? «Il governo era preparato all’opposizione dei tanti gruppi di interesse, titolari di rendite di posizione non più giustificabili». L’accusa — arrivata da Lega e Italia dei valori ma strisciante anche nella maggioranza — di aver commissariato le Camere? «Si è scelto di seguire la linea del dialogo, nella piena e costante fiducia verso il Parlamento». Un riferimento all’inciampo dell’ultimo chilometro con la relazione della Ragioneria generale dello Stato che aveva sollevato dubbi sulla copertura finanziaria di cinque commi poco prima che il governo ponesse la fiducia tra le proteste proprio di Lega e Italia dei valori. È toccato al ministro per i Rapporti con il Parlamento fornire il chiarimento chiesto dall’opposizione. Secondo Piero Giarda la copertura c’è perché dopo i «rilievi critici della Ragioneria» il governo si «è basato sui pareri non ostativi delle commissioni Bilancio». Su alcune delle norme contestate Giarda ha indicato una soluzione puntuale, come per le 40 assunzioni all’Autorità  dell’energia che saranno coperte con una parte del bollo dell’uno per mille sui conti deposito. Ma più in generale ha garantito che il «comportamento di tutte le amministrazioni sarà  improntato al massimo rigore mantenendo la neutralità  finanziaria».
L’altro nodo da sciogliere era quello delle banche. Il governo ha accolto l’ordine del giorno della maggioranza che chiede di intervenire «in tempi rapidi» per cancellare l’articolo che azzera le commissioni sui prestiti e ha portato alle dimissioni dei vertici dell’Abi, l’associazione delle banche. La soluzione dovrebbe arrivare oggi in Consiglio dei ministri, con la scelta tra un decreto ad hoc e un emendamento ad uno dei provvedimenti già  alle Camere.
Come gli assenti anche gli ordini del giorno erano una valanga, 208. Nella maggior parte dei casi il sottosegretario allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti li ha accolti, evitando il voto e il rischio di far andare sotto il governo. E così ne sono passati anche di importanti, come quello per l’annullamento del cosiddetto beauty contest per assegnare gratis le frequenze tv, o quello per garantire il riposo domenicale. L’ordine del giorno non obbliga il governo a intervenire, è un impegno non giuridico ma politico che spesso viene lasciato cadere nel nulla. In ogni caso è stato bocciato quello che estendeva a tutti il tasso sui mutui applicato ai senatori dalla banca interna di Palazzo Madama, uno strepitoso 1,57%.
Chiusa una partita se ne apre un’altra. Oggi al Consiglio dei ministri arriva il disegno di legge delega per la revisione del sistema fiscale. Tante le misure a partire dal fondo per alleggerire il carico delle tasse verso il quale saranno dirottate tutte le risorse che si dovessero liberare in futuro. «In questo momento non andiamo a riguardare le aliquote dell’Irpef» dice il viceministro per l’Economia Vittorio Grilli. Non è detto che si arrivi all’approvazione, probabilmente il governo si limiterà  ad un primo esame. Perché alcuni punti sarebbero ancora da definire al meglio e perché al centro del tavolo ci sarà  la riforma del lavoro.


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