All’argentina Andruetto il premio Andersen

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L’ultimo vincitore, nel 2010, è stato l’inglese David Almond, edito in Italia prima da Mondadori e ora da Salani, che ha in catalogo sia il suo libro più noto (Skellig, un romanzo del ’98 diventato poi una commedia, un’opera e un film), sia i titoli più recenti. Quest’anno, invece, ha vinto per la prima volta una scrittrice argentina: Maria Teresa Andruetto, nata nel 1954 a Arroyo Cabral da una famiglia di origine piemontese, e che oggi vive a Cabana, tra le sierras chicas a nord di Cordoba. Una bella sorpresa, perché, celebre nel suo paese ma quasi sconosciuta in Europa, la Andruetto è una scrittrice di spessore insolito, che si è rivolta in uguale misura a ragazzi e adulti.
In Italia è stato tradotto ben poco di suo – il romanzo Veladuras pubblicato da una piccola sigla pisana (Velature, Ets 2010) e i versi inclusi nell’antologia Poetesse d’Argentina curata da Antonio Melis per Pironti nel 2006 – ma nessuno dei suoi bei romanzi per ragazzi ha trovato posto nei cataloghi dei nostri editori. Il premio potrebbe così essere l’occasione per conoscere un’autrice i cui temi principali sono lo sguardo degli adolescenti e dei bambini sul mondo, le tracce che nella società  argentina ha lasciato la terribile parentesi della dittatura militare, la memoria dell’immigrazione e soprattutto l’universo femminile (alle autrici del suo paese la Andruetto ha dedicato il prezioso blog «Narradoras argentinas»).
Romanzi come Stefano (storia di un ragazzo immigrato in Argentina da un’Italia povera e remota) o il bellissimo La nià±a, el corazà³n y la casa (protagonista una bambina che trasforma l’abbandono della madre in una storia da vivere insieme al fratellino down) sfuggono alle etichette come al pregiudizio che vorrebbe i libri per adolescenti fondati sulla rapidità  e l’azione più che sulla riflessione, sulla autoreferenzialità  più che su una effettiva apertura al mondo. 
Oltre che storie sulla costruzione dell’identità , quelle della Andruetto sono, insomma, esperienze estetiche da vivere attraverso una scrittura sommessa e personale, che si collocano con identica dignità  accanto ai suoi romanzi per adulti, come il notevole Lengua madre (Mondadori Argentina, 2010), in cui si narra di una giovane che, attraverso una scatola piena di lettere e foto, ricostruisce la «vera» vita di una madre che l’ha messa al mondo in una cantina, durante la dittatura. Ma cos’è a fare di La nià±a, el corazà³n y la casa un libro per adolescenti, e di Lengua madre un romanzo per adulti? Dove è la sottile variante del linguaggio che attribuisce un testo a un’età  o all’altra? È su questo terreno che la Andruetto ci propone una sua visione della letteratura giovanile in quanto «letteratura e basta», su cui vale la pena di riflettere.


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