Roghi, stupri e omicidi Carriera di Panda il rosso

Loading

Nella sua biografia non risultano altri lavori, occupazioni, talenti se non quello dell’attivista prima e dell’organizzatore di attentati poi. Shabhasachi Panda, 42 anni nascosti da una folta chioma di capelli neri e baffetto quasi obbligatorio in India, è il carceriere e il grande inquisitore di Claudio Colangelo e Paolo Bosusco. «Ci trattano come se fossimo scimmie dello zoo», è la sua accusa rivolta ai due italiani, catturati (pare) mentre stavano fotografando un gruppo di donne che faceva il bagno in un fiume. Così, improvvisamente, la diplomazia italiana si ritrova a fare i conti con il «Segretario organizzativo del Partito comunista-maoista» dello Stato di Orissa (India centro-orientale). Fino a due giorni fa, Panda era un personaggio di fatto conosciuto solo dagli inquirenti, che cercano di catturarlo dal 1998 e che hanno accumulato un centinaio di fascicoli contro di lui. L’intestazione varia dalla «cospirazione criminale» alla «sedizione», passando per «l’estorsione», «l’incendio doloso» e «l’omicidio». 
La vita di Shabhasachi è, a suo modo, lineare. 
Suo padre, Ramesh Panda, era un parlamentare del Partito comunista marxista (da cui poi nel 1967, sulla spinta della Rivoluzione culturale cinese, si staccò l’ala maoista). Nato a Ranpur, nel distretto di Nayagarh, territorio tra i più ostili agli inglesi, in cui si alternano giungla e templi induisti, il giovane Shabhasachi viene spedito a studiare a Puri, tra mare e turisti, con affaccio sul Golfo del Bengala. Ma lui si interessa solo e soltanto alla militanza politica: si iscrive alla Federazione studentesca dell’India, organizzazione affiliata al Partito comunista-marxista. Terminati gli studi politico-sociali al Samanta Chandra Sekhar College di Puri (una delle istituzioni più importanti dello Stato di Orissa), comincia la sua piccola scalata da «leaderino». Si avvicina al partito marxista-leninista e poi parte verso l’interno (Gajapati e Rayagada) dove in breve guida due formazioni radicali. Nel 1998 è già  un clandestino ricercato dalla polizia. I maoisti lo cercano nel 2003, quando, a 34 anni, è un punto di riferimento per il mondo tribale. Nel frattempo si è sposato con Subhashree Das (detta Mili), anche lei militante maoista, oggi in carcere, da cui avrà  una bambina che ora ha 9 anni.
Il resto è la cronaca di questi giorni. Panda ha all’attivo l’organizzazione di attacchi a militari e poliziotti, con diversi morti. Jhansi, la moglie di un suo compagno di partito, sostiene che il «compagno segretario» le ha assassinato il marito, non prima di averla stuprata. 
Nota e contraddizione finale: il fratello del leader maoista, Sidharth, fa parte del Biju Janata Dal (Bjd), il Partito popolare che guida l’Orissa da 12 anni. I maligni (che non mancano mai in alcuna latitudine del pianeta) sostengono che l’influenza del Panda filocapitalista avrebbe in qualche modo attenuato la caccia al Panda rivoluzionario.


Related Articles

Voto in Catalogna: bassa affluenza, bene indipendentisti e sinistra

Loading

La sinistra conquista 83 seggi su 135. Flop del centro-destra, ma exploit di Vox. Due maggioranze possibili, il socialista Illa ha già detto che si presenterà come candidato, ma con chi non si sa

L’altra Colombia

Loading

« Imovimenti sociali appoggiano con forza i negoziati di pace in Colombia», dice al manifesto Dolly Lopez. Insieme a Francisco Tolosa, come lei rappresentante all’estero del Consiglio patriottico nazionale, organo direttivo della Marcia patriottica, Lopez è venuta in Italia per un giro di contatti con movimenti e sindacati, su invito di Nueva Colombia: dalla Rete dei comunisti, alla Fiom, dalle lunga, anche una parte della borghesia sembra aver capito che questo clima non le conviene. Tantopiù che, al contrario di quel che sostiene la propaganda governativa, la guerriglia è tutt’altro che sconfitta.

Il piano europeo per i migranti: centri di trattenimento in Africa, codice per le Ong

Loading

Oggi a Parigi vertice con i big Ue. Arriva il sostegno alla linea italiana Intesa con i paesi del Sahel per fermare l’esodo attraverso la Libia

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment