«Iniziativa solitaria della divisione Basadhara»

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Da esperto di «controinsurrezione» è molto critico della risposta puramente militare dello Stato alla rivolta maoista: «Purtroppo manca una strategia politica, la capacità  di affrontare le cause profonde del conflitto», ci diceva qualche tempo fa a New Delhi. Dopo il rapimento di due italiani gli abbiamo chiesto qualche delucidazione, a cominciare dagli autori del rapimento: «Si tratta della “divisione Basadhara”, un’unità  del Partito comunista indiano-maoista che opera principalmente in alcuni distretti dell’Orissa meridionale, tra cui quello di Kandhamal».
Sappiamo di rapimenti di funzionari o agenti di polizia in passato, ma è la prima volta che vengono presi dei cittadini stranieri. Cosa dobbiamo aspettarci?
Non credo che questo episodio segni un cambiamento di strategia da parte dei maoisti, anche se in effetti è la prima volta che sono presi di mira degli stranieri. Gli stessi maoisti hanno dichiarato ai media di aver «arrestato» gli italiani perché, «come centinaia di altri turisti stranieri», «trattano la gente locale come scimmie e ne fanno oggetto di ridicolo». È probabile che questa azione sia stata approvata solo da Sabyasachi Panda, il comandante maoista della regione. Panda è uno che fa di testa sua, già  in più d’una occasione è stato “richiamato a disciplina” dal partito. Dalle fonti sul luogo sembra che Panda abbia architettato il rapimento perché è particolarmente sotto pressione dopo la resa e l’arresto di due suoi stretti collaboratori in febbraio.
Il suo Istituto ha registrato un calo del numero di vittime relativa al conflitto maoista nell’anno scorso. È un successo delle forze di sicurezza, come ha suggerito il ministro degli affari interni? 
No, il numero di vittime è calato perché le forze di sicurezza hanno messo fine alle operazioni offensive: in particolare la campagna «ripulire, tenere il controllo e sviluppare» lanciata nel tardo 2009 dal governo centrale, la cosiddetta «operazione massiccia e coordinata». Quell’operazione era stata di fatto sospesa dopo l’episodio dell’aprile 2010, quando 76 uomini delle forze di sicurezza sono stati uccisi in un attacco a Chintalnar (in una regione forestale considerata roccaforte maoista, non molto lontana dalla zona del rapimento, ndr). Il numero delle vittime era salito bruscamente nel 2009-2010 perché il governo centrale aveva lanciato operazioni mirate contro i maoisti nelle loro roccaforti. Un altro fattore del calo sono state le elezioni in Bengala occidentale (nel giugno 2011, ndr): il partito Trinamool Congress aveva stretto un’alleanza pre-elettorale ufficiosa con i maoisti, e questi avevano attaccato dirigenti e militanti locali del Partito comunista-marxista, allora al governo, una campagna che si è improvvisamente fermata dopo che il Trinamool Congress ha vinto le elezioni.
Il partito maoista però ha perso un dirigente importante, mesi fa.
I maoisti sono sotto pressione, è vero, più che altro per le operazioni di intelligence lanciate soprattutto dallo Special Intelligence Bureau dello stato di Andhra Pradesh, che ha decimato i loro quadri dirigenti. Al nostro osservatorio risulta che dei 16 membri del Politburo nel 2007 due sono stati uccisi e altri 7 sono agli arresti. Dei 39 membri del Comitato centrale, incluso il Politburo, 18 sono fuori: 5 uccisi e 13 detenuti. I maoisti hanno sofferto di una espansione strategica superiore alle loro forze in zone non favorevoli alla mobilitazione, mentre lo Stato ha diluito la sua offensiva «massiccia e coordinata». Entrambe le parti mostrano segni di cercare di riorganizzarsi, e non ho ragione di credere che lo scontro sarà  meno sanguinoso che in passato.


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