Fornero-sindacati, passi avanti Ma resta lo scoglio articolo 18

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ROMA — Solo una messa a punto su contratti e ammortizzatori sociali ma niente focus su articolo 18 di cui si dovrebbe discutere questa mattina in un nuovo vertice ristretto prima del grande confronto con tutte le parti sociali e il premier Mario Monti. Questo l’esito dell’incontro di oltre tre ore fra i 4 sindacati e il ministro del Lavoro Elsa Fornero svoltosi fino a tarda sera. Una giornata molto complessa quella di ieri per cercare una quadra sull’articolo 18 che alla fine non c’è stata nonostante una girandola di incontri cominciati di prima mattina tra Cgil-Cisl-Uil, tra il premier Mario Monti e il ministro del Lavoro Elsa Fornero, tra la «professoressa» e i sindacati. Con la Cgil sotto pressione della Fiom che per oggi ha proclamato uno sciopero di due ore contro qualsiasi intervento sui licenziamenti e un referendum su eventuale intesa. Nel pomeriggio il Pd ha formalizzato la proposta di usare la formula della legge delega al posto del decreto e infine il Capo dello Stato ha invitato le parti sociali a fare un passo indietro in nome «dell’interesse generale». In questa scacchiera piena di sorprese e di insidie si apre oggi alle 15.30 a Palazzo Chigi la trattativa finale per chiudere la madre di tutte le riforme.
Se non ci sono novità  dell’ultima ora, dopo l’intervento del Colle che si è rivolto solo alle parti sociali e non al governo, diventa sempre più concreto lo scenario di una riforma approvata dal consiglio dei ministri e dai partiti di maggioranza e non dai sindacati e imprenditori. Lo schema di mediazione finale infatti scontenta tutti. Non piace ai piccoli di Rete Imprese Italia perché comporta loro un aumento dei contributi per i nuovi ammortizzatori sociali (ma ieri si è aperto uno spiraglio per un compromesso), non piace a Confindustria che dovrà  pagare di più i contratti a termine, e non piace a Cgil e Uil per quanto riguarda le modifiche dell’articolo 18 che introdurrebbero una forte novità : l’indennizzo e non più il reintegro nel caso di contestazione sui licenziamenti disciplinari.
Per l’accordo auspicato da Napolitano sono necessarie ulteriori mediazioni. In caso di ennesima fumata nera si va facendo strada l’ipotesi di una decisione unilaterale del governo che lascia fuori tutte le parti sociali. Meglio così che un accordo monco, con il dissenso della Cgil e dei piccoli imprenditori. Una defezione che metterebbe in forte imbarazzo il Pd che si è speso fino alla fine per un compromesso in grado di mettere in sicurezza la maggioranza e quindi la tenuta del governo Monti. E infatti ieri il Pd ha formalmente chiesto al governo di togliere la «clava» del decreto e di procedere con una legge delega che permetterebbe un maggior confronto parlamentare.
Sul nodo dell’articolo 18, il segretario del Pd Pierluigi Bersani è convinto che il modello tedesco, lasciando al giudice la decisione tra reintegro e indennizzo, sia la strada giusta per non toccare «il pilastro» della giusta causa. E sulla necessità  di modernizzare il mercato del lavoro, durante la commemorazione di Marco Biagi, è intervenuto Massimo D’Alema spronando il sindacato ad andare oltre totem e tabù e ricordando che secondo il giuslavorista ucciso quello italiano è «il peggior mercato del lavoro in Europa».


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