Articolo 18 e ammortizzatori sociali corsa ad ostacoli per imprese e sindacati

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Dopo il vertice di ieri alla Fiera di Milano il dossier sul mercato del lavoro si è aggiornato. E cambierà  ancora mano a mano che si avvicina la data in cui Monti ha annunciato l’intenzione di chiudere la partita. Ieri all’ora di pranzo i tre capitoli principali del confronto sono stati affrontati dai segretari dei sindacati, dalla presidente di Confindustria e dal ministro Fornero. L’osso più duro resta l’articolo 18. Più semplice invece una soluzione su ammortizzatori sociali e contratti atipici.

Il governo apre poco sugli impieghi a termine In alto mare la definizione di “atto discriminatorio” Per le aziende la mobilità  non va cancellata subito    


I sindacati
Sono contrari alla prevista abolizione della cassa integrazione straordinaria e della mobilità . Sostengono che sostituire la prima con l’indennità  di disoccupazione (la cosiddetta “Aspi”) sia un grave errore soprattutto in periodo di crisi perché spinge le aziende a liberarsi di lavoratori e professionalità  che potrebbero invece diventare utili al momento della ripresa. Temono che finanziare poco l’indennità  di disoccupazione (si è parlato di due miliardi) finisca per non fornire la stessa tutela oggi garantita dalla mobilità 

Le imprese
Sono contrarie all’abolizione immediata dell’indennità  di mobilità . Anche ieri Emma Marcegaglia ha fatto osservare al ministro del Lavoro Elsa Fornero che nei prossimi tre anni l’Italia sarà  attraversata da un duro processo di ristrutturazione e che dell’indennità  di mobilità  ci sarà  molto bisogno. Le imprese chiedono dunque che venga allontanato il momento dell’entrata in vigere di questa parte della riforma.

Il governo
Il ministro Fornero starebbe tornando all’impostazione originaria. L’abolizione della mobilità  avverrebbe entro il 2017 mentre l’Aspi, l’indennità  di disoccupazione, che non supererà  i 1.100 euro lordi, entrerà  in vigore gradualmente. L’indennità  di disoccupazione sarà  sospesa a chi non accetta i posti di lavoro offerti dai Centri regionali per l’impiego.

I licenziamenti    


I sindacati
Sono contrari ad abolire una norma che punisce l’imprenditore quando licenzia ingiustamente un singolo lavoratore. Cgil, Cisl e Uil difendono il principio per cui a licenziamento ingiusto deve seguire la riparazione del danno, cioè la reintegra sul posto di lavoro. Ma negli ultimi giorni anche nel fronte sindacale comincia a radicarsi l’idea che una modifica parziale dell’articolo 18 possa essere accettata.

Le imprese
Non chiedono l’abolizione tout court dell’articolo 18, ma propongono di distinguere i licenziamenti ingiusti in due categorie: quelli discriminatori e quelli legati a necessità  economiche dell’azienda. Confindustria chiede di lasciare l’obbligo di reintegro per i licenziamenti discriminatori e di abolirlo per quelli dettati da ragioni economiche. In questo secondo caso, il lavoratore ingiustamente licenziato verrebbe risarcito con una somma in denaro.

Il governo
Accoglie sostanzialmente l’impostazione degli imprenditori sottoscrivendo l’idea che anche un licenziamento ingiusto possa essere accettabile se risarcito con una congrua somma. Naturalmente questo non varrebbe in caso di licenziamenti discriminatori. Ma dove finiscano i licenziamenti ingiusti e discriminatori e dove comincino quelli ingiusti ma non discriminatori è il vero nodo da sciogliere entro martedì.

I contratti    


I sindacati
Chiedono che si metta un limite alla giungla dei contratti atipici sui quali è proliferato il precariato negli ultimi anni. Nel mirino i contratti a progetto, le associazioni in partecipazione e il falso lavoro autonomo delle partite Iva con un solo committente. Cgil, Cisl e Uil premono perché dopo un congruo periodo di tempo tutti i contratti diventino a tempo indeterminato. In alternativa c’è la proposta di un tetto al numero dei contratti atipici sul totale degli assunti nell’azienda. Infine i sindacati propongono che i contratti a tempo determinato siano più costosi degli altri.

Le imprese
Sono soprattutto le piccole imprese a protestare perché sostengono che la riduzione dei contratti atipici penalizza le possibilità  di assunzione, quella che in gergo tecnico viene chiamata “la flessibilità  in entrata”. Le piccole imprese chiedono anche che non si penalizzino i contratti a tempo determinato con aggravi fiscali o minori deduzioni.

Il governo
Il ministro Fornero sta pensando a trasformare il contratto di apprendistato nella principale porta di ingresso dei giovani al mondo del lavoro. Ma, diversamente da quanto si pensava all’inizio della trattativa, sarebbe contraria a tagliare in modo deciso i contratti atipici per evitare di chiudere, in un periodo di crisi, possibili vie d’accesso all’impiego. Rimane invece l’aggravio dell’1,4% per i contratti a termine in modo da privilegiare l’assunzione a tempo indeterminato.


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