Cosa accade se un «brasiguayos» diventa il re assoluto della soja

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ASUNCIà’N. I coloni brasiliani hanno latifondi sterminati di cui non beneficiano gli altri abitanti. Tranquilino Favero e il suo impero Oltre mezzo milione di brasiliani vive in Paraguay da ormai alcuni decenni. Tra di loro ci sono gruppi molto diversi, ma quelli che sono ora al centro di una situazione conflittuale sono i grandi proprietari terrieri: quelli che si sono installati nelle zone di frontiera nell’est del paese, in particolare nell’alto Paranà . Possiedono di solito enormi estensioni di terra che da anni hanno destinato all’assai redditizia coltivazione di soja, e difendono le loro terre con le armi.
La dittatura di Alfredo Stroessner (1954-1989) li ha avuti come grandi alleati, e gli ha permesso di disporre a proprio piacere di territori sempre più ampi, senza alcun controllo. Del milione e mezzo di ettari coltivati a soja nell’est del paese, 1,2 milioni appartengono a brasiliani – a «brasiguayos» e ad altri brasiliani di arrivo più recente, che comprano terre a prezzi da favola: la terra che nel loro paese vale 7 o 8mila dollari per ettaro, la ottengono in Paraguay per un migliaio – al massimo quattromila dollari per quella più fertile, le stesse che fino a tempi recenti erano utilizzate per l’allevamento del bestiame.
Di fatto, nell’oriente del paese coltivato a soja non si applica la legge, approvata nel 2005, che vieta l’acquisto o usufrutto di terre situate a meno di 50 chilometri dalla frontiera a cittadini sttranieri di paesi limitrofi. Ancor meno si applicano le norme di salvaguardia ambientale.
La coltivazione della soja, super-tecnologizzata (i brasiliani hanno «modernizzato» il settore agricolo paraguayano) ha espulso da questi territori buona parte dei piccoli produttori agricoli. «Non c’è alcun beneficio per la zona: la gente è espulsa dal lavoro e perfino dal territorio, le strade sono rovinate dal traffico dei camion della soja – e gli imprenditori non vivono lì, non pagano imposte né trattenute, nulla di ciò che guadagnano resta nelle comunità », dichiarava qualche tempo fa alla Bbc di Londra Claudia Ricca, dell’organizzazione non goovernativa Amigos de la Tierra, che opera nella zona.
Tranquilino Favero, un settuagenuario sbarcato in Paraguay nei primi anni ’60, simbolizza come pochi questo nucleo di brasiguayos. Ha attraversato la frontiera tentando la sorte, all’inizio della dittatura, e oggi è uno dei maggiori imprenditori del paese. Lo chiamano «il re della soja», è a capo di un impero che conta su un esercito privato di sicari.
Le sue entrature con l’esercito sono note. Favero ha più volte lanciato appelli per «fermare l’avanzata del comunismo», che lui vede impersonato in fernando Lugo per i vecchi legami del presidente con i movimenti contadini e dei senza terra. Intanto, nella regione orientale le uccisioni di contadini per mano di «sconosciuti», probabilmente al soldo dei latifondisti, si contano a decine.


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