Protesta anti-Sudan, arrestato Clooney e per l’Africa la Rete arruola le star

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WASHINGTON – Il protagonista è stato George Clooney, ma il grande film è Internet, la rivoluzione in rete che avanza. L’arresto del bel George (poi rilasciato dopo qualche ora) davanti all’ambasciata del Sudan a Washington ieri, per proteste in zona non autorizzata, sembra soltanto l’ennesimo caso di una celebrità  che si offre, al modico prezzo di una contravvenzione, a una causa umana o politica. In questo caso, le atrocità  commesse dal governo di Khartoum contro i popoli dei Monti Nuba, condannati a morire di fame dal blocco dei rifornimenti alimentari imposto dal governo. Ma anche questo nobile show del famosissimo attore racchiude una verità  più ampia, con la quale ogni minuto il «brave new world» dell’Era Internet deve misurarsi. Per parafrasare uno slogan pubblicitario che proprio Clooney ha reso celebre: «No Internet, No Party».
Il paradosso è che Internet era stata concepita, cinquant’anni or sono, come uno strumento per proteggere le comunicazioni governative da un attacco nucleare. Mezzo secolo dopo, è diventata essa stessa l’arma nucleare che scuote i governi. L’arresto dimostrativo di Clooney, dei militanti e dei politici che avevano oltrepassato la linea dei 50 metri minimi dalle ambasciate, vuole dare spettacolarità  ed eco alle nuove nefandezze del governo sudanese contro i propri cittadini. Ma senza la capillarità  ormai universale e incontenibile dell’informazione spontanea resa possibile dalla rete dei social network né lui, ne milioni di altri avrebbero mai saputo quello che il governo di Khartoum perpetra contro il milione di indifesi che abitano la regione dei monti Nuba.
Niente ormai, che avvenga in una delle più remote regioni dell’Africa Centrale, in Birmania, in Centro America, in Egitto, o in Libia o in una metropoli del mondo industrializzato negli scontri di piazza come nei messaggi confidenziali fra cancelliere può sperare di passare inosservato, di restare, come si dice nel gergo militare, sotto il radar di Facebook, di Twitter, di Flickr, di YouTube. La denuncia di Jason Russel, il fondatore di «Bambini Invisibili» contro l’orrore guidato in Uganda da Joseph Kony e dalla sua oscena «Armata di Dio» che rapisce, violenta, uccide e schiavizza bambini, ha superato il milione di visioni via YouTube. Come già  la presidenza Bush, blandamente, così oggi l’amministrazione Obama è stata pungolata a muoversi per tentare di porre fine al regno del terrore di Kony. Chi mai, fuori dai circoli diplomatici, dai missionari, dai volontari, avrebbe saputo nulla dei Nuba? Chi se ne sarebbe importato?
Nel suo saggio «Twittando mentre Teheran brucia», Jonathan Lang raccontò i giorni del panico post elettorale, tra i chierici del regime teocratico, quando parve che attraverso tweet e sms i giovani iraniani potessero riuscire a scuotere l’oppressione teocratica. Non riuscì, ma da allora è stato proprio il regime a creare pagine di Facebook, «hashtag» in Twitter per cercare di usare la forza della rete contro i dissidenti, usare il fuoco per combattere il fuoco. La nuova «Grande Sorella», la Rete, che ha realizzato il mito orwelliano del controllo diffuso e totale, può essere usata, non soltanto subita, può servire a reprimere quanto a scuotere. Come tutti i «media», dai caratteri mobili per la stampa che diffusero la rivoluzione protestante alla onde radiotelevisive, Internet è un attrezzo. Il suo uso dipende dalla mano che lo impugna. E la impugnano non più soltanto ragazzi, ma adulti e anziani. La fascia d’età  presso la quale l’uso del web e dei social network si sta diffondendo più rapidamente è quella che va dai 35 ai 60 anni.
Gli studiosi del rapporto fra i «social network», il web, e i sommovimenti sociali si interrogano e a volte dissentono sull’effetto reale e diretto che la comunicazione «virale», i messaggi, i tweets, Facebook, YouTube possano avere e abbiano avuto nella primavera araba. Quanta parte essi abbiano avuto nella vittoria elettorale di Barack Obama nel 2008 e ne avranno, per assenza o presenza, nella elezione prossima. Se Obama non fu il primo ad abbracciare la Rete, nessuno come lui raccolse quasi 30 milioni di dollari via Internet ancor prima di avere annunciato la decisione di partecipare. Un’impresa che per ora non sta ripetendo. Ma la paura che i peggiori regimi e governi, dalla Cina al Sudan, dall’Ucraina alla Tunisia, hanno o hanno avuto della sua potenza ci riporta alla versione contemporanea di una famosa domanda: «Quante divisioni ha Internet?».


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