Ogm, il ministro Clini sta con le lobby biotech

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A parte l’incompetenza dimostrata citando alcuni esempi di colture tradizionali spacciate per prodotti transgenici (il riso Carnaroli, i pomodori San Marzano, la cipolla rossa di Tropea), colpisce che il ministro dopo una gita a Bruxelles – il covo privilegiato delle lobby biotech – abbia deciso di sostenere una proposta che «ha l’effetto di riaprire in Europa le iniziative legate agli Ogm, e più in generale gli investimenti in ricerca e sviluppo sui temi legati alla biotecnologie ed all’ingegneria genetica». Clini la pensa così: «L’opposizione agli Ogm in Italia ha avuto l’effetto di deprimere la ricerca, nonostante le grandi competenze presenti nel nostro paese». Un’opinione personale (o di governo?) che contraddice il parere espresso da quasi tutte le regioni italiane, da più di 300 sindaci, dalle principali associazioni agricole, dalla grande distribuzione, dalle industrie, dalle associazioni dei consumatori e dai milioni di cittadini che nel 2007 si sono espressi con un no secco rispondendo a un quesito della Coalizione Liberi da Ogm.
La valutazione del ministro Clini – da sempre fan degli Ogm – ha ricompattato il fronte ecologista frammentato che si batte contro l’invasione delle multinazionali biotech nel sistema agricolo italiano. Ma, soprattutto, ha colto di sorpresa il ministro dell’Agricoltura, Mario Catania, che fino a prova contraria dovrebbe essere il titolare della questione. «Non condivido l’intervista rilasciata da ministro Clini sul tema degli Ogm, si tratta di una posizione personale, l’Italia non ha bisogno di organismi geneticamente modificati», ha precisato Catania. Quanto alla proposta partorita dalla Commissione europea che avrebbe «illuminato» Clini, precisa Catania, «accresce l’autonomia dei singoli stati e quindi la reputo assolutamente positiva». Cioé: l’Italia ha deciso di non coltivare Ogm. A meno che il governo Monti, e l’uscita di Clini fa pensare male, non abbia intenzione di ripensarci. E, comunque, non è un caso se le prime frizioni tra ministri «tecnici» si sono registrate su questo tema. Il ministro Clini, da parte sua, ha cercato di metterci una pezza con una precisazione poco convincente: «Fermo restando la posizione italiana in merito al divieto dell’impiego degli Ogm in agricoltura, credo che sarebbe insensato continuare a tenere il freno alla ricerca».
Slow Food, dopo aver smontato le due o tre «inesattezze» scientifiche improvvisate da Clini (in realtà  ha solo ripetuto alcuni slogan usurati delle lobby biotech) se l’è presa piuttosto male. «L’approccio superficiale e confusionario in tema di Ogm che emerge dalle parole del ministro – dice il presidente Roberto Burdese – ci preoccupa moltissimo anche perché si accompagna a una mancanza di azione in ambiti molto più urgenti e di competenza di questo ministero». Federica Ferrario, responsabile della campagna Ogm di Greenpeace, ha buona memoria e ricorda che le sperimentazioni Ogm nel 1999 – ultimo anno in cui sono state affidate al dottor Clini – erano 182 per un totale di 121 ettari, ma non appena gli è stata tolta la competenza sono scese a 38 per un totale di 3,87 ettari nel 2000. Insomma, Clini ci sta semplicemente riprovando. Per Legambiente la posizione di Clini è incredibile. «Proprio nel giorno in cui agricoltori, associazioni e cittadini – si legge in una nota – scendono in piazza in difesa del made in Italy, il ministro dichiara al paese di voler assumere in sede europea una posizione di apertura agli Ogm davvero preoccupante». Angelo Bonelli, presidente dei Verdi, pone un quesito cui dovrebbe rispondere il presidente del Consiglio: «Siamo esterrefatti, sulla base di quale mandato parlamentare il ministro ha deciso di modificare una posizione consolidata dell’Italia?».
Non è un interrogativo ozioso, considerando che in questo parlamento, tra le altre sciagurate cose, si annida anche una potente lobby pro Ogm. Bipartisan.


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