Coppie gay, il diritto alla vita familiare

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ROMA — È una sentenza che non ha precedenti e che ieri ha fatto esultare gli omosessuali d’Italia. È la numero 4184 della Cassazione, e dice: «La coppia omosessuale è titolare del diritto alla vita famigliare come qualsiasi altra coppia coniugata formata da marito e da moglie». Ma non solo. Valutando il ricorso di una coppia di omosessuali di Latina, la Suprema Corte ieri non si è limitata a enunciare un principio astratto, ma è entrata in un merito che adesso rischia di stravolgere la legislazione italiana a macchia di leopardo. 
Secondo la Cassazione, infatti, le coppie omosessuali «possono adire i giudici comuni per far valere, in presenza di specifiche situazioni, il diritto di un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge». Tradotto: ogni tribunale potrà  stabilire di concedere o negare un diritto matrimoniale per ogni coppia omosessuale che deciderà  di pretenderlo.
Tutto per quel ricorso di Antonio Garullo e Mario Ottocento che oggi hanno rispettivamente 47 e 40 anni e che dieci anni fa, innamorati e felici, decisero di andarsi a sposare in Olanda, all’Aia. Fece scalpore, all’epoca, il loro matrimonio. Era uno dei primi di gay italiani all’estero. Tornati a casa, Antonio e Mario non si sono accontentati di quel certificato olandese. Hanno cercato in tutti i modi di farsi trascrivere quel matrimonio sulle carte italiane. Inutilmente. In Italia non soltanto non esiste una legge che prevede la validità  di matrimonio fra persone dello stesso sesso, ma lo stesso Codice civile non si occupa di tutelare le coppie di fatto omosessuali e nemmeno eterosessuali. 
Neanche la Suprema Corte ieri ha potuto accettare il ricorso di Antonio e Mario, così come avevano fatto Tribunale e Corte d’Appello. «Ma quello che ha fatto adesso la Cassazione è qualcosa di semplicemente meraviglioso», sospira Antonio Garrulo mentre si rigira la sentenza fra le dita, incredulo. Poi spiega: «Fino ad oggi la giustizia aveva bollato il nostro matrimonio come inesistente, invalido, contrario all’ordine pubblico». 
Questa sentenza ha fatto letteralmente esultare tutte le associazioni omosessuali: «La Cassazione smentisce tutte le stupidaggini giuridiche di una classe politica ignorante», dice Aurelio Mancuso presidente di Equity Italia, al quale fa eco Paolo Patanè, presidente di Arcigay: «Questa sentenza è una vera e propria rivoluzione copernicana». E Franco Grillini, storico fondatore dell’Arcigay e oggi responsabile per l’Idv dei diritti degli omosessuali, rilancia: «Questa sentenza della Cassazione dimostra come il mancato riconoscimento delle coppie omosessuali sia una brutale discriminazione che va presto rimossa». 
Davanti a questa sentenza coglie la palla al balzo anche Paola Concia, la deputata omosessuale del Pd che si è sposata in Germania con la sua fidanzata Ricarda: «Farò ricorso anche io per il mio certificato di matrimonio. Non è possibile che in Italia si stanno muovendo tutte le istituzioni tranne il Parlamento». 
Ed è all’interno del Parlamento che la sentenza di ieri è rimbalzata scatenando un dibattito annoso, mentre Andrea Riccardi, ministro per l’Integrazione con delega alla Famiglia, è appunto al Parlamento che rinvia la palla spiegando, semplicemente: «La materia non è nel programma di governo».


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