COME CAMBIANO I MOVIMENTI

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È nel 1980 che “nasce” Nimby la sigla, anche se in realtà  i movimenti che designa esistevano già  prima. Nimby sono le iniziali di Not In My Back Yard, “non nel mio cortile”. L’allora ministro conservatore dell’Ambiente, Nicholas Ridley, lo conia per ironizzare sulle tante proteste locali contro impianti chimici o nucleari, basi militari o prigioni, ferrovie e aeroporti, discariche e inceneritori. L’ironia consiste nel sottolineare questo: chi lotta per impedire la costruzione di ogni sorta di infrastrutture, opponendosi ai disagi che gli creano (inquinamento, rumore, paesaggio deturpato, traffico) non nega necessariamente che quelle opere abbiano un’utilità , o perfino che siano indispensabili alla comunità . L’importante è che non sorgano vicino a casa mia. 
Alcune lotte anche recenti hanno una dimensione paradossale. Per esempio le vittoriose mobilitazioni della popolazione di Cape Cod, Martha’s Vineyard e Nantucket Island contro la costruzione di centrali eoliche al largo delle loro coste. Quel tratto di costa del Massachusetts ha uno degli elettorati più progressisti d’America; inoltre quelle raffinate località  turistiche attraggono nei periodi turistici un pubblico newyorchese o bostoniano dell’élite di sinistra, molto ambientalista. Non combattono contro l’energia eolica in generale, che anzi considerano benefica per il paese: purché non sorga proprio lì dove si affacciano le finestre delle loro ville. Lo stesso è accaduto in Florida sempre contro le turbine eoliche, a St. Lucie County. Il cantiere della ferrovia ad alta velocità  tra San Francisco e Los Angeles, già  in ritardo di decenni per motivi prevalentemente finanziari, è contestato dagli agricoltori di Hanford, nella California centrale. 
In Europa alcune delle battaglie Nimby più importanti si svolsero contro l’ampliamento di due aeroporti, Heathrow-Londra e Francoforte. Per non essere dipinti come degli egoisti motivati solo dal proprio interesse localistico, alcuni movimenti di protesta hanno cercato di ridefinirsi con altri acronimi. Niaby, sta per Not in Anyone’s Backyard, punta a evitare che si costruisca “nel cortile di chiunque”, non solo nel proprio. In questo caso la cultura della protesta è legata all’ambientalismo della “decrescita”, contrario allo sviluppo economico in quanto distruttivo. 
Poi c’è un acronimo che suona beffardo e insultante: Pibby, Put It in Blacks’ Back Yard, mettilo nel cortile dei neri. In realtà  ha una sua logica, per quanto cinica: punta a localizzare le infrastrutture e impianti “sgradevoli” in zone abitate dalle comunità  più povere e dalle minoranze etniche. I poveri, questa è la giustificazione, possono avere più bisogno delle ricadute economiche indotte dalle grandi opere; e sono probabilmente meno sensibili all’inquinamento o alla tutela paesaggistica. In realtà  neri e poveri sono soprattutto meno agguerriti politicamente per difendersi. 
Il problema della localizzazione delle ricadute è reale, sta all’origine dei movimenti Nimby: di solito, i benefici di una nuova infrastruttura si spalmano su una collettività  molto vasta; mentre i danni colpiscono una comunità  piccola. Da questa sproporzione nasce la protesta dei “locali”. Una risposta possibile è quella adottata dalle centrali nucleari francesi, generose in sovvenzioni per gli enti locali in cui sono ubicate: sicché la popolazione identifica la centrale con il finanziatore di nuove scuole, verde pubblico, impianti sportivi. Resta che l’illusione del Nimby è legata alla dimensione del cortile di casa nostra: un vento che soffia da Chernobyl o uno tsunami nel Pacifico possono allargare di colpo la percezione del cortile.


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