Nozze gay, Blair e Cameron alleati contro la Chiesa

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LONDRA — Il governo vuole legalizzare i matrimoni gay. E non indietreggia. David Cameron resiste alle pressioni della Chiesa anglicana e cattolica: «Ho preso un impegno e lo mantengo». Il suo pensiero è questo: «La società  è più forte quando si assumono obblighi reciproci e solenni». E mette tutti a tacere sulla presunta contraddizione fra il conservatorismo e una posizione così avanzata in materia di diritti civili: «Io non sono a favore dei matrimoni gay nonostante sia un conservatore. Sono a favore dei matrimoni gay proprio perché sono un conservatore». Dalla sua ha sia la coalizione che lo sostiene in modo compatto sia i laburisti. Favorevole la maggioranza dell’opinione pubblica (mediamente 44 a 34, come rivelano i diversi sondaggi del Sunday Telegraph e del Sunday Times).
Downing Street e i vertici ecclesiali sono ai ferri corti. Lo Stato laico che riconosce le unioni civili dal 2005 ora sta per compiere un passo avanti attribuendo alle persone dello stesso sesso il diritto di celebrare le nozze in municipi o in alberghi alla presenza di pubblici ufficiali. L’iter parlamentare è partito con le consultazioni preliminari. La gerarchia della Chiesa si mobilita: «È un passaggio radicale e lo dobbiamo impedire». Subisce però la defezione di un potenziale e importante alleato nel mondo della politica, un leader che nonostante si sia ritirato, non ha mai mancato nei momenti delicati di uscire allo scoperto.
Tony Blair smette gli abiti dell’uomo di fede (si è convertito al cattolicesimo) e prende posizione: «Sto dalla parte di Cameron e non del Papa». Chi sospettava che l’ex premier potesse rompere il fronte laico è così rimasto deluso. Pur avendo in più occasioni teorizzato che «i laicisti sono uguali ai fondamentalisti», che «la religione svolge nella globalizzazione un ruolo centrale» e che lui è diventato uomo di Chiesa in quanto «sentivo che la Chiesa è la mia casa», Tony Blair sulla questione al centro del dibattito di questi giorni non ha esitazioni. E, come per Tony Blair sul fronte laburista, così è anche per numerosi tory: il matrimonio gay è un diritto da riconoscere e tutelare. Persino un tradizionalista (tale si è sempre definito) del calibro di Eric Pickles, ministro degli Enti locali, ha ammesso: «Ho cambiato idea, sono a favore delle nozze fra omosessuali e fra lesbiche».
Prese in contropiede, Chiesa anglicana e Chiesa cattolica provano a sensibilizzare le comunità  dei credenti. Per il leader della Chiesa d’Inghilterra, l’arcivescovo di Canterbury Rowan Williams, «la legge non è lo strumento per introdurre cambiamenti sociali tanto drastici». Gli arcivescovi della Chiesa di osservanza romana, Vincent Nichols e Peter Smith, hanno invece fatto diffondere una lettera durante la messa domenicale in 2.500 luoghi di culto: «I cattolici hanno il dovere di fare il possibile per assicurare che il vero significato del matrimonio non sia smarrito dalle generazioni future». Barricate.
Ma la risposta arriva da Lynne Featherstone, la signora che ha la delega delle Pari opportunità  nel governo: «Sento usare un linguaggio omofobico, un linguaggio intollerante e da anni oscuri per un atto che è invece di progresso e d’amore». Parole dure che certificano la nascita della Santa Alleanza inedita sui matrimoni gay: Cameron e Blair contro la Chiesa.


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