Lavoro, Bersani attacca Alfano Ma il vero nodo resta l’articolo 18

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La frase che lo ha fatto imbizzarrire è quella che Angelino Alfano ha scandito chiudendo il seminario di Orvieto: «Daremo a questo governo Monti tre priorità : lavoro, lavoro, lavoro». «Quando c’è da parlare di corruzione, di frequenze tv scoprono anche il lavoro», replica Bersani, alludendo al vertice che il Pdl ha fatto saltare la scorsa settimana. Il ‘senza- quid’ (per definizione ficcante dello stesso Berlusconi, ovviamentr smentita) poi ha attribuito alla sinistra al governo la sua propensione ad approvare i matrimoni gay. Con un eccesso di ottimismo, da parte del segretario del Pdl, visto che in realtà  il centrosinistra per due volte al governo non è riuscito neanche ad approvare la legge sulle coppie di fatto. Fatto sta che Bersani ieri ha alzato i decibel. Complice il fatto che si trovava di fronte alla sua ‘giovanile’ , che ha organizzato una conferenza intitolata alle «Generazioni ad alta risoluzione», nel corso della quale ha anche presentato un vademecum «per destreggiarsi tra le decine di forme contrattuali che si contano oggi in Italia» e sopravvivere a una «enorme precarietà » fatta di «scarse tutele, regole equivoche, soprusi, abusi». Ed è proprio il nodo della precarietà  e dell’articolo 18, il giorno dopo la grande manifestazione della Fiom – in cui Bersani, assente, era però il convitato di pietra – il motivo dell’agitazione di Bersani. E la ragione di una polemica contro Alfano che sa parecchio di fumo negli occhi. Domani si riunisce il tavolo sulla riforma del lavoro. I giovani democratici ieri hanno esposto una loro proposta di riforma. In sintesi prevede che sia lasciata al lavoratore licenziato senza giusta causa la possibilità  «di rivolgersi al giudice per chiedere la reintegrazione» nel posto di lavoro o di «accettare un’indennità  crescente in rapporto all’anzianità », o ancora di «scegliere la stipula di un contratto di ricollocazione al lavoro pagato dall’azienda e, fino alla nuova occupazione, un’indennità  di disoccupazione fino a 3 anni». Bersani, e qui arriva il bello, l’ha accolta ammettendo che sull’art. 18 è disposto a trattare purché non lo si usi «come lo straccio simbolico su cui dire quale sarà  la direzione di marcia, se regolare o deregolare». Si potrà  fare «una manutenzione» purché «non mettiamo in mezzo obiettivi che non hanno senso e che non ci porterebbero a niente di buono». È, indirettamente ma neanche tanto, una risposta al palco della Fiom da dove il segretario del sindacato, Maurizio Landini, aveva chiesto di «sgomberare il tavolo della trattativa dall’art.18», perché l’unica manutenzione possibile «è estenderlo a chi non ce l’ha». E questo non vale solo per la Fiom, ma per le forze politiche che si sono ritrovate venerdì in piazza: non solo il Prc, ma anche Sel e Idv, alleati «naturali» del Pd, almeno fino a qui. d.p. DOPO IL CORTEO Licenziamenti facili, la risposta alla Fiom e a Landini: «Si può accettare una manutenzione, ma no a obiettivi senza senso che non portano a niente di buono»


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