Il doppio «no» per Kofi Annan a Damasco

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La televisione di stato siriana ha riferito che il colloquio Annan-Assad si è svolto in un’atmosfera «positiva». Ma, in realtà , gli scogli all’avvio di un’uscita negoziata dalla crisi (che assomiglia sempre più, come per il caso libico, a una guerra civile) sono enormi. Assad infatti, secondo l’agenzia di stampa ufficiale Sana, ha assicurato Kofi che «la Siria è pronta a favorire qualsiasi sforzo onesto per trovare una soluzione agli eventi» in corso ma, ha tenuto a precisare, «non ci potranno essere dialogo politico o iniziative politiche mentre ci siano gruppi terroristi armati che operano e diffondono il caos e l’instabilità ». Come dire, le operazioni contro gli insorti continueranno (e infatti anche ieri ci sono notizie di massicci bombardamenti contro la città  di Idlib, vicino al confine con la Turchia, e, stando alle fonti dell’opposizione, i morti nelle diverse aree del paese sarebbero 77). Così, Annan si trova di fronte a due no. Ancora prima di arrivare a Damasco, al no del Consiglio nazionale siriano, il settore dell’opposizione prevalentemente residente all’estero che però gode dell’appoggio dell’Occidente e dei paese arabi (Arabia saudita e Qatar in testa), che esclude qualsiasi negoziato con Assad e urla la sua richiesta di un intervento militare esterno tipo quello della Nato in Libia. Poi, una volta arrivato in Siria, al no di Assad, che esclude la possibilità  di qualsiasi negoziato finché continui l’attività  di «gruppi terrorist armati», alimentati secondo Damasco «da forze esterne». In questa situazione, la prima richiesta con cui si è presentato Annan – un immediato cessate il fuoco da entrambe le parti (richiesta ribadita anche dal pallido segretario dell’Onu, Ban Ki-moon) – ha scarse chanches di essere raccolta. A Damasco, da dove ripartirà  oggi, Kofi ha incontrato anche il settore dell’opposizione dell’interno, il Comitato nazionale per il cambiamento democratico guidato da Haytham al Manna, che al contrario di Cns di Bohuran Gharioun, si oppone alle ipotesi di un intervento militar-umanitario dall’esterno. Una volta uscito dalla Siria incontrerà  anche gli esponenti del Cns. Mentre Annan era a Damasco, al Cairo il ministro degli esteri russo Sergei Lavrov incontrava i suoi omologhi della Lega araba. Un meeting marcato dalle profonde divisioni fra la Russia, che pur ribadendo di «non proteggere nessun regime» a priori non sembra avere intenzione di mollare Assad, e molti fra i paesi arabi. Lavrov ha messo in guardia gli arabi dalla tentazione di «grossolane interferenze» negli affari interni siriani. Si è dovuto confrontare con la posizione del Qatar, il cui ministro degli esteri Hamad bin Jassem al-Thani ha ribadito che è tempo di inviare «forze arabe e internazionali» in Siria quale «obbligo morale e umanitario» (il Qatar…) per fermare «il genocidio» praticato da Assad. Alla fine l’incontro si è concluso con un documento congiunto Lega araba-Russia in 5 punti sullo stop alle violenze «da entrambe le parti», monitoraggio «neutrale», nessuna «interferenza straniera», via libera agli aiuti umanitari e «appoggio» alla missione di Kofi. Aria fritta, purtroppo, con l’aria che tira un anno dopo l’inizio della crisi siriana. Un anno che, secondo quanto scriveva ieri il Washington Post citando fonti dei servizi Usa di intelligence, non è servito a scalfire la presa di Assad. Che continua a mantenere il controllo della situazione senza che vi siano segni di defezioni significative nelle fila del regime.


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