Un paese esplosivo

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Sorto nel 2002 nel nord-est del paese, Boko Haram ha agito sempre in quella zona, nello stato di Yobe e soprattutto del Borno, confinante con il Camerun e con il Ciad: due degli stati più poveri della Nigeria, primo esportatore di petrolio dell’Africa e ottavo a livello mondiale. Gli europei sono invece stati rapiti nello stato di Kebbi, nell’estremo nord-ovest, al confine con Niger e Benin. Inoltre, la setta ha sempre rivendicato le imprese in video del suo leader Abubakar Shekau, subentrato dopo l’uccisione di Mohammed Yusuf.
Dal 2009 al 2001, il gruppo ha riconosciuto più di 60 rapine, attacchi a posti di polizia, attentati suicidi, compiuti fin dentro la capitale federale, Abuja. Nel 2010, ha fatto evadere dal carcere 700 detenuti, fra cui 150 suoi affiliati. L’escalation ha spinto il governo di Goodluck Jonathan a dichiarare, in questi giorni, la disponibilità  al dialogo con il gruppo a patto che arresti le violenze.
Responsabile del rapimento potrebbe essere stato allora un altro gruppo fondamentalista (o semplicemente criminale), oppure quella che viene considerata l’ala internazionale della setta: una cellula di militanti fuggiti all’estero dopo la sanguinosa repressione del 2009. A dirigerla, sarebbe Mamman Nur, collegato al radicalismo islamico internazionale modello al-Qaeda. Secondo l’analista politico Jean-Christophe Servant, di Le Monde diplomatique, si deve a Nur il cambiamento operativo che ha portato all’attentato suicida contro un edificio Onu, il 23 agosto del 2011 ad Abuja. Una prima volta nella storia della Nigeria. La gestione confusa del sequestro e l’intervento di forze speciali straniere sul territorio nigeriano hanno evidenziato l’assenza di sovranità  reale del paese e la fragilità  di Jonathan.
La Nigeria conta oltre 250 gruppi etnici. Gli yoruba e gli ibo, a maggioranza cristiana, predominano nel sud e nel sud-est, gli houssa-fulani, islamici, nel nord (dove, in 12 stati, è in vigore la sharia). A quasi un anno dalla sua elezione, Jonathan – un cristiano proveniente dall’élite di una minoranza etnica del Delta del Niger – deve far fronte allo scontento dei musulmani verso il potere centrale che li ha lasciati all’abbandono. Nel paese più popolato del continente africano (160 milioni di abitanti suddivisi in 36 stati federali) e prima potenza economica regionale dopo il Sudafrica, deflagrano le disuguaglianze: il divario fra una élite che incamera i proventi petroliferi (sia in modo legale che fraudolento) e gran parte della popolazione che vive con meno di due dollari al giorno, soprattutto nel nord. Negli stati dove ha attecchito Boko Haram, l’83% dei giovani è analfabeta e la povertà  dilaga.
Jonathan ha deluso anche le aspettative delle sue zone di provenienza. E infatti il Mend, il Movimento per l’emancipazione del delta del Niger, ha ripreso le azioni attaccando giorni fa una pattuglia della polizia navale nello stato di Bayelsa. Il governo ha risposto reprimendo anche i giovani di Occupy Nigeria che, a gennaio, hanno protestato per gli aumenti della benzina: il paese produce petrolio per l’estero, ma è obbligato a importarlo perché non possiede industrie in grado di raffinarlo. Per il 2012, tuttavia, il governo prevede di stanziare il 25% del bilancio per rafforzare l’apparato militare.


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