L’amianto è «sporadico»

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Palazzo Chigi ha enunciato i 14 punti per spiegare «le ragioni del fare» a proposito della linea Tav Torino-Lione. La forma è quella delle risposte a 14 domande. Senza polemica, vorremmo notare che le domande, pur interessanti, non sono quelle giuste che interessano sul serio il largo pubblico coinvolto nei problemi del Tav, fuori dalla Valle Susa. In Valle, come è noto, si conoscono a menadito le domande appropriate e le relative risposte. 
Vorremmo attirare l’attenzione del pubblico su alcuni punti significativi.
Qual è il costo? 
Se lo chiede Palazzo Chigi alla domanda numero 2. La risposta butta là  delle cifre che non vale la pena di ripetere e poi spiega che «il progetto preliminare è stato approvato dal Cipe (governo)… si prevede di realizzare l’opera per fasi: prima il tunnel di base e gli interventi di adeguamento del nodo di Torino e solo in una seconda fase, qualora le dinamiche del traffico dovessero evidenziarne l’effettiva necessità , la tratta in bassa Valle di Susa (Bussoleno-Avigliana)….». Gli estensori avranno pensato di mostrare tutta la saggezza dell’intervento. Invece essi prefigurano un tunnel scavato e abbandonato, senza neppure i binari, oppure con i binari arrugginiti. Molte costruzioni, recenti e meno recenti, sono i resti delle grandi opere fallite. Il fatto che la seconda fase, nelle parole del governo, è per lo meno incerta, lascia molti dubbi sul buon senso effettivo di un intervento che appare aleatorio e ne sostituisce altri veramente utili.
L’opera è stata concertata con il territorio? 
È la domanda 5: Il punto principale della risposta è che «nel giugno 2007 a seguito di specifiche richieste del territorio…» è stato abbandonato il tracciato a sinistra della Dora. Come dire: meno male che la Valle si è opposta, compresi gli scontri del 2005, l’assemblea detta del Grande Cortile e il resto. Il movimento ha evitato gravi errori, forse irrimediabili. Naturalmente d’ora in poi – assicura Palazzo Chigi – abbiamo ragione noi.
Quali saranno i principali vantaggi della Torino Lione una volta realizzata? 
Il punto 6 risponde alla domanda delle domande. Da un lato si promette di dimezzare i tempi di percorrenza tra Torino e Chambery da 152 minuti a 73. Niente male, sono 79 minuti. Ma si aggiunge che i tempi di viaggio tra Milano e Parigi passano da 7 a 4 ore. Questo è magnifico, ma incomprensibile. Quale magia trasforma, sulla stessa linea, senza modifiche, un vantaggio di 79 minuti in uno di 180? Dev’essere una questione di gestione dello spread ferroviario che solo pochi eletti capiscono. 
C’era davvero bisogno della nuova linea Torino Lione, visto il calo del traffico sulla direttrice storica del Frejus? 
Siamo arrivati alla domanda n. 8. «I flussi d’interscambio Italia-Francia nel quadrante ovest (da Ventimiglia al Monte Bianco sono costanti…» fra 38 e 40 milioni di tonnellate. Superano di un 10% quello verso la Svizzera, ma mentre quest’ultimo è per il 63% su rotaia, quello analogo italo-francese arriva soltanto al 7%. L’idea del governo, forse un po’ tardiva, è quella di migliorare questo risultato. Se le scelte del governo andassero a segno tutte e senza ritardi, sarebbe verso il 2025 che potrebbe cominciare il cambiamento. Fino a quel momento si potrebbe accettare il traffico attuale dei tir su strada, oppure potenziare la linea esistente, rendendola, con una spesa assai minore, e in tempi assai più brevi, percorribile dal traffico merci, con vantaggi ambientali sicuri e miglioramento forte della percentuale.
Il progetto ha una sostenibilità  energetica? Ed una sostenibilità  ambientale?
Sono i quesiti 10 e 11. È previsto che «a vita intera» la linea consentirà  un risparmio di emissioni di gas serra di 3 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. «Con questi dati si può prevedere un bilancio del carbonio positivo già  dopo 23 anni dall’inizio dei lavori». E prima dei 23 anni che aggravio di CO2 vi sarà ? E nel caso, probabile, di ritardi?
Quali sono gli aspetti geologici più importanti?
La dodicesima è una domanda cruciale. La risposta lascia effettivamente qualche dubbio. «Infine da un approfondimento delle problematiche dell’amianto, risulta che le rocce possono avere una presenza sporadica con una quantità  massima stimata intorno al 15%». Seguono vari accorgimenti: monitoraggi del fronte di scavo da parte del geologo e all’interno e all’imbocco della galleria; osservazione in continuo del materiale scavato; una sua compartimentazione e specifiche misure di protezione dei lavoratori. E scusate se è poco per l’amianto sporadico.


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