NELLA NUOVA TESTA DEGLI ADOLESCENTI

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È comparso su YouTube un filmato che mostra l’esasperazione dei genitori di oggi rispetto ai figli adolescenti: un padre americano, seduto su una poltrona legge con aria risentita quello che ha scritto su Facebook sua figlia: «I miei mi obbligano a pulire casa, a fare il bucato, a cucinare, mi hanno preso per una schiava, ma io non gli pulirò mai il culo quando saranno vecchi». Il padre offeso prima ci tiene a smentire quelle parole, poi prende la colt, si avvicina al computer della figlia e lo riempie di proiettili, l’ultimo, dice, anche da parte della madre. Sicuramente questo padre cowboy non è il miglior esempio educativo ma è emblematico della confusione e della rabbia di molti genitori e dei loro figli. Sensazioni diffuse, infatti questo filmato ha avuto più di 20 milioni di contatti. 
Il comportamento provocatorio degli adolescenti, soprattutto delle ragazze, fra i 13 e i 16 anni, è diventato un fenomeno sociale rilevante, come testimonia il recente articolo What’s wrong with the teenage mind? (“Che c’è di sbagliato nella mente degli adolescenti?”) comparso sul Wall Street Journal. L’articolo, riprendendo ricerche recenti, mette in luce che la pubertà  viene raggiunta prima, forse perché i bambini oggi mangiano di più e si muovono di meno, mentre l’ingresso nell’età  adulta avviene, invece, più tardi creando una situazione insostenibile. L’idea nuova è che ci sono due diversi sistemi neurali e psicologici che interagiscono per trasformare i bambini in adulti, solo che i loro tempi di sviluppo sono cambiati. C’è un sistema che è legato agli ormoni sessuali della pubertà  che mettono in moto il sistema limbico, la regione cerebrale deputata alla regolazione delle emozioni (come viene spiegato nel libro della neuropsicologa Eveline Crone, Nella testa degli adolescenti). Questo spiegherebbe perché i ragazzi vivono ogni momento con emozioni forti, passando dall’entusiasmo alla disperazione, si espongono a rischi, vanno alla ricerca di sensazioni e di novità : il sistema di “ricompensa” sociale che crea uno stato di benessere deve essere alimentato. Allo stesso tempo, governata dal secondo sistema, la maturazione cerebrale procede lentamente, soprattutto nelle zone che riguardano la pianificazione del comportamento, la previsione delle conseguenze delle proprie azioni e il loro controllo. Solo intorno ai 19-20 anni si raggiunge questa maturazione: dunque c’è una sfasatura fra cervello emotivo e razionale. Jay Giedd un neurobiologo americano che studia il cervello degli adolescenti li paragona ad una persona che possiede una macchina con un motore potente ma non è in grado di guidarla, perché non ha neppure la patente.
Si potrà  obiettare che l’adolescenza è sempre esistita, ma oggi si giunge all’adolescenza con maggiori possibilità  ed informazioni, si comunica e si chatta su Facebook, ci si veste come gli adulti ma si dipende ancora dai genitori, che sono sempre più incapaci di mettere dei confini, di mantenere delle regole, di proporsi come figure in grado di guidare ma anche di imporsi. E questo alimenta i conflitti in famiglia: i figli adolescenti pretendono di fare quello che vogliono, non accettano restrizioni, si espongono a rischi enormi. E i genitori oscillano fra un’eccessiva protezione dei figli e violente esplosioni di rabbia, come dimostra il video su YouTube, quando la situazione familiare diventa ingestibile.
Ma forse come scrive Alison Gopnik, professore di Psicologia all’Università  di Berkeley ed autrice dell’articolo sul Wall Street Journal, i bambini e gli adolescenti vivono in un mondo troppo protetto ed ovattato. Perché la maturazione del cervello avviene in base all’esperienza e agli stimoli che si ricevono e se gli adolescenti fossero più responsabilizzati «anche i loro sistemi di controllo maturerebbero prima e potrebbero canalizzare le proprie spinte emozionali». Per questo fa delle proposte su cui riflettere: ad esempio quella di organizzare nelle scuole, oltre alle attività  didattiche, servizi civili come ridipingere annualmente la scuola oppure svolgere un lavoro di tutoraggio per i compagni dei primi anni. In questo modo i ragazzi si sentirebbero più responsabili e percepirebbero la scuola più vicina a loro, un posto dove non solo si studia ma si impara a vivere.


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