Il dilemma della protesta “Assalto al cantiere o caos a Torino” gli irriducibili si dividono sulla strategia

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Due giorni per decidere, due giorni per scegliere quale sarà  la faccia del movimento No Tav dopo i fatti di Chianocco. Due giorni e il timore di non riuscire più ad avvicinarsi al cantiere della Maddalena. Un cantiere ora sì diventato una fortezza più difficile da espugnare rispetto a pochi giorni fa. Perché questo, subito dopo il dramma umano di Luca Abbà , è il fatto nuovo: la recinzione del cantiere. Un passo al quale nell’inverno del 2005 – quello degli scontri di Venaus e del popolo No Tav che riconquista l’area dove si sarebbe dovuta scavare la prima galleria – non si era mai arrivati. Allora i lavori si erano fermati prima. Oggi, anche dopo l’incidente, sono proseguiti e la recinzione è stata eretta. Quale sarà  la risposta? La frase rivelatrice la pronuncia ancora una volta Alberto Perino, leader dell’ala valligiana, all’assemblea serale convocata alla rampa autostradale di Chianocco, nuovo luogo simbolo della protesta. «Siamo pronti a organizzare flash mob e altre azioni improvvise. Per dare fastidio a chi ci considera un parco giochi o una riserva indiana da spremere». Il problema è evitare la riserva indiana, l’isolamento. Trovare solidarietà , sollecitarla in tutta Italia.
«Alla Maddalena prima o poi torneremo», dice un militante all’assemblea serale. Ma come, con quali mezzi? La giornata del movimento è in questo dilemma sul futuro. C’è prima un problema più urgente da risolvere: la difficile traversata fino al fine settimana. La notte tra lunedì e martedì è stata di scontri lungo l’autostrada e nei paesi. La mattinata di ieri è stato un lungo fronteggiarsi con la polizia dall’altra parte del guard rail. A mezzogiorno Perino si collega a Radio Blackout, l’emittente di area anarchica, e lancia l’appello: «Invito tutti quelli che possono a salire a Chianocco e a darci il cambio». Perché durante la settimana il popolo No-Tav è un torrente, prosciugato dai molti che devono andare a lavorare o a scuola. Torna fiume solo nel fine settimana. Ma oggi è martedì. Si riuscirà  a resistere per altri quattro giorni? 
Perino cerca di sollevare gli animi: «È trenta ore che siamo qui sulla carreggiata, il più lungo blocco del traffico nella storia del movimento». Ma le truppe sono stanche. Bisogna arrivare almeno alla serata, quando chiudono gli uffici. L’appuntamento per i riservisti è alla Gardenia Blu di Rivoli. Una mail che circola nel pomeriggio annuncia «un aperitivo alle 17» e successivamente la partenza «per Bussoleno». In realtà  alle 20 una parte delle truppe di rincalzo riesce ad occupare l’autostrada a Rivoli, uno dei nodi della tangenziale torinese nell’ora di massimo traffico. E qui si verifica un altro episodio poco rassicurante per il movimento. Gli automobilisti non ci stanno a sacrificare una parte del loro tempo per la causa. Si accendono animate discussioni, alla fine la mediazione è nella corsia di scorrimento che i No-Tav lasciano libera. Non è un blocco, diventa un rallentamento. 
Anche i 170 camionisti che stanno in fila lungo la statale 25 prima del blocco hanno difficoltà  a manifestare solidarietà : «Sono partito da Pesaro e devo andare a Parigi. Siamo lavoratori anche noi, rispettateci», dice Giuseppe. Si possono avere dubbi sul fatto che i camionisti bloccati da ore su una statale siano il termometro del consenso sociale. Ma come giudicare la reazione di un dipendente dell’ufficio tecnico del comune di Salbertrand? Dopo una notte di devastazioni sbotta: «Anche io sono contro il Tav. Ma la prossima volta moliamo il motosega».
Questo è il clima, i primi segnali di cedimento alla stanchezza, le prime difficoltà  di rapporto con una parte della popolazione locale. Si può reggere così altri quattro giorni? E, soprattutto, come protestare nel fine settimana, dove portare l’esercito sabato pomeriggio? In queste ore le diverse anime del movimento discutono. L’area dell’autonomia preferirebbe tornare all’obiettivo principale, il cantiere della Maddalena a Chiomonte, quello che è diventato una sorta di fortezza. Una scelta di attacco: inevitabilmente l’arrivo di migliaia di persone a ridosso delle recinzioni scatenerebbe una guerriglia simile a quella del luglio scorso. Con risultati analoghi: centinaia di feriti e gli arresti. L’area anarchica, quella più vicina a Luca Abbà , vorrebbe invece scendere a Torino, nel centro. Anche in questo caso sarebbe difficile prevedere l’esito di un corteo arrabbiato nel cuore della città . C’è una terza via? Una soluzione che mantenga alto il livello della protesta senza alienare al movimento quelle simpatie che ha ancora in questi giorni? Fino a ieri sera nei capannelli lungo la rampa dell’autostrada quella soluzione non era ancora stata trovata.


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