Cina, la Banca Mondiale contestata a Pechino

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Mentre Zoellick illustrava il rapporto “China 2030”, cofirmato dalla Banca e dal think tank cinese Development Research Center, Du Jianguo che si definisce “economista indipendente” e indossava un gessato, ha gridato: “Le industrie di Stato non devono essere privatizzate!”, e distribuito un documento che critica la linea proposta dalla World Bank e dai neoliberisti interni.
Il titolo del pamphlet è “World Bank, prendi il tuo veleno e vattene a casa!”, ma secondo altre fonti si intitolerebbe “World Bank, prendi il tuo veleno e tornatene negli Stati Uniti!”, un riferimento senz’altro più esplicito.
Al suo interno, si legge che la Banca Mondiale cerca di vendere alla Cina “vecchi cliché, come una panacea meravigliosa”. Du è stato trascinato via dalla sicurezza.

Un fuori programma inatteso, a cui Zoellick ha reagito con aplomb, dicendo che “China 2030 ha proprio il compito di “stimolare il dibattito”.

Il rapporto sostiene che il modello di crescita cinese vada completamente rivisto: lo Stato deve rinunciare a una presenza preponderante in economia e lasciar fare al libero mercato, delegando magari la gestione delle imprese a banche d’investimento. La solita ricetta del capitalismo globale, insomma.

Il contestatore – dicono fonti cinesi – non è un economista noto. Il suo blog spazia tra diversi argomenti.
Stupisce che sia stato in grado di arrivare fin lì. Segno, ancora una volta, di quanto bolle in pentola sotto l’apparente uniformità  della leadership cinese.
La reazione a “China 2030” può arrivare dai gruppi d’interesse cresciuti all’ombra del capitalismo di Stato: una moderna “burocrazia celeste” che sfrutta le posizioni di rendita al crocevia tra politica ed economia. Oppure, c’è lo zampino della componente ultranazionalista all’interno del Partito.
Ma forse, Du Jianguo è semplicemente un cinese informato che non intende cedere fette di sovranità  alle istituzioni sovranazionali che divorano la ricchezza degli Stati.


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