Unicredit, la subholding italiana che riavvicina Rampl e Palenzona

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MILANO – Vertice tra i grandi soci Unicredit alla vigilia del cda sul budget 2012. Le tre maggiori fondazioni azioniste – Caritorino, Cariverona, Carimonte, che insieme hanno circa il 10% – si sono incontrate a Modena. In vista del rinnovo dei vertici nell’assemblea dell’11 maggio, i soci territoriali cercano di porre un freno all’attivismo del presidente Dieter Rampl, che vorrebbe ridurne il peso nella futura governance, e conferirle un’impronta più internazionale. Da giorni la concordia tra i due “fronti” è mancata, e le fondazioni adombrano un candidato presidente italiano (s’era fatto il nome di Gian Maria Gros-Pietro, già  consigliere della Cassa di Torino, poi confluita nel polo di Piazza Cordusio).
Tuttavia esisterebbe un progetto di riassetto della banca in grado di appianare le asperità  formatesi al suo apice. È la nascita della subholding italiana, dove far confluire le attività  del paese, portandole a pari con le altre (estere) del gruppo, per passare dal modello a matrice a quello per geografia. Al progetto lavorano i maggiori consulenti globali del gruppo, che hanno intensificato le simulazioni attorno a una holding snella di pianificazione e controllo di un portafoglio reti territoriali. I vantaggi sarebbero un migliore allineamento dei business, più trasparenza dei risultati (quelli italiani di Unicredit, non buoni, si mescolano da tempo con quelli della holding) e la costituzione di un nuovo cda Italia a livello inferiore, in cui i rappresentanti delle fondazioni troverebbero ampio spazio. Un punto da risolvere è invece l’impatto fiscale della modifica, che potrebbe costare qualche centinaio di milioni in tasse. Il piano della “subholding Italia”, da intraprendere entro l’assemblea, è collegato alle fluide dinamiche dei rapporti di vertice. Comunque non sarà  discusso oggi nel cda, chiamato ufficialmente a redigere il budget 2012. Né è ancora certo che Rampl, come stabilito giorni fa, porterà  in cda la bozza quali-quantitativa di riforma del consiglio discussa dal Comitato governance la settimana scorsa. Il Comitato ha funzioni solo consultive quindi l’ultima parola spetterà  al cda. La proposta dovrebbe vertere su una riduzione dei consiglieri, dai 23 attuali – di fatto già  scesi a 20 causa dimissioni – a circa 17, l’inserimento di almeno una figura femminile e un aumento del tasso di professionalità  e rappresentatività  internazionale dei consiglieri nei business operativi, richiesto anche da Bankitalia ed Eba. Oggi Unicredit presenterà , a parte, anche il piano “stand alone” di Pioneer, la controllata nel risparmio gestito che non è stata ceduta né unita ad altri operatori. Si prevede quindi una netta razionalizzazione, con tagli di costi e di prodotti (l’offerta di fondi Pioneer è pletorica) e potenziamento della attività  strategiche.


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