Fornero: salari leggeri? Va scardinato il sistema Intesa senza levate di scudi

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Il ministro del Lavoro Elsa Fornero ci pensa un attimo. Poi, complice l’atmosfera rilassata di una colazione a base di caffè e minicroissant offerta di buon mattino nella sua residenza dall’ambasciatore italiano all’Onu Cesare Ragaglini, si lascia andare: «Cosa vuole, ognuno si porta dietro quello che è, la sua storia. L’altro giorno mi è scappato perfino un “ma oggi siete veramente indisciplinati!” e mi sono presa subito l’accusa di fare la maestrina. E va bene, ci sta anche questo. Io, comunque, ho il massimo rispetto per tutti. Nelle trattative mi dicono che spiazzo i miei interlocutori — non solo i sindacati ma anche gli industriali e le altre parti sociali — perché non seguo la prassi, i rituali del confronto. Ma io quei riti non li conosco. Siamo stati chiamati al governo da un giorno all’altro, abbiamo cominciato a lavorare subito, nessuno ci ha fatto un corso di aggiornamento professionale. Ma alla fine un linguaggio comune lo stiamo trovando e spero che arriveremo anche a un accordo ampio su una riforma del lavoro che deve cambiare un mercato oggi diviso in due e recuperare l’esercito degli esclusi».
Dall’Eurostat sono appena arrivati dati che collocano l’Italia agli ultimi posti in Europa per il livello dei salari, mentre il costo del lavoro è tra i più elevati. «Sono numeri che mi rattristano profondamente» commenta a caldo il ministro del governo Monti. «Dobbiamo scardinare con le nostre riforme questa situazione. Ma ci vuole il coraggio di fare cambiamenti profondi. Un sistema più efficiente, più produttività  per alzare gli stipendi. Chi accetta formule di lavoro più flessibili deve essere pagato di più, non di meno come avviene oggi. E’ difficile che bassi salari creino crescita».
A New York per partecipare alle riunioni dell’Onu sulla condizione della donna e soprattutto ad un’iniziativa promossa dall’Italia contro la mutilazione dei genitali femminili, una pratica ancora molto diffusa in Africa, Fornero spiega ad alcuni giornalisti l’importanza di questa iniziativa, ma poi accetta volentieri di parlare anche dei temi caldi del momento in Italia: contratti, ammortizzatori sociali, articolo 18 sulla libertà  di licenziamento.
Chiedo al ministro se si aspetta giovedì, alla ripresa del negoziato, una ricucitura dopo la quasi rottura della settimana scorsa quando la Fornero è stata accusata di voler riformare gli ammortizzatori senza contributi pubblici. E anche cosa pensa dell’affermazione di Mario Draghi che in quelle stesse ora ha dato per morto e sepolto il sistema sociale europeo così come lo abbiamo fin qui conosciuto.
«Le risorse — risponde — le stiamo cercando. Non credo si possa parlare di uno Stato che non fa la sua parte quando, se guardiamo ad esempio i dati del 2010, vediamo che solo il 41% della spesa per l’assistenza sociale è stato coperto dai contributi di datori di lavoro e lavoratori. Questo significa che quasi il 60% lo hanno pagato i contribuenti. Poi, certo, la protezione contro la disoccupazione ha anche una componente assicurativa. Con realismo e buona volontà  troveremo le soluzioni. Ma bisogna essere pronti a cambiare. Draghi ha scelto una frase a effetto, ma dietro quelle parole c’è il grande sogno del welfare che ci ha accompagnato per gran parte del Novecento: il sogno di uno Stato capace di accompagnare i cittadini in tutte le situazioni di debolezza che si è rivelato insostenibile perché ha creato troppo debito. Un gigantismo del welfare, come quello della cassa integrazioni concessa per anni e anni fino a diventare assistenza permanente, che non ci possiamo più permettere. Comunque la riforma la facciamo oggi, ma non verrà  attuata in questo periodo di recessione: ci sarà  una fase transitoria di 4-5 anni».
E allora avanti a oltranza con la trattativa. Ma fino a che punto è disposta a concertare? «Credo al metodo del confronto. Su alcuni temi ho rivisto le mie idee iniziali proprio sulla base degli elementi emersi nelle discussioni. È successo per l’apprendistato e anche per le formule di lavoro basato sull’associazione in partecipazione, un tipo di contratto che potremmo cancellare. Mentre, invece, introdurremo una nuova tutela per le donne costrette a lasciare un’azienda quando sono in gravidanza perché all’atto dell’assunzione avevano dovuto firmare dimissioni in bianco».
Sui temi centrali dei contratti, della Cig e dell’articolo 18 le posizioni sono però ancora lontane. E Fornero qui non esita a ribadire che, se le parti sociali non accetteranno cambiamenti profondi, il governo andrà  avanti da solo: «Il sistema attuale è profondamente iniquo, oltre che inefficiente. Eppure nei primi incontri non potevo credere alle mie orecchie quando le parti sociali dicevano di apprezzare il quadro esistente. Da allora molte cose sono cambiate, è stata accettata la logica dei cambiamenti radicali. Ma se qualcuno tornerà  indietro, il governo si prenderà  la responsabilità  di decidere nell’interesse di tutti i cittadini: anche degli esclusi, quello non rappresentati al tavolo del negoziato. Poi toccherà  al Parlamento decidere».
È vero che un suo incontro con Sergio Marchionne è saltato? «Abbiamo avuto un incontro informale. Non c’è stato, invece, quello formale, ma spero di reinserirlo in calendario a breve: non per discutere di contratti ma per informarmi alla fonte sugli investimenti Fiat».


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