Quelle Clausole anti Gravidanza che colpiscono la Donna e la Famiglia

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La particolarità  della tv di Stato (e, a quanto pare, di alcune altre società ) sta nel fatto di averlo dichiarato per iscritto, in barba ai diritti costituzionali e al buonsenso. Se una lavoratrice rientra nei «casi di malattia, infortunio, gravidanza» l’azienda può decidere di «sciogliere il contratto di diritto, senza alcun compenso o indennizzo a suo favore».
Si tratta, formalmente, di contratti di consulenza, quelli che si firmano con grandi professionisti, avvocati, ingegneri, professori universitari, portatori di competenze non presenti nel personale dipendente. Che senso ha allora precisare tutte quelle cose sulla maternità ? Mica un legale di successo deve garantire la sua presenza otto ore al giorno. E, se perde un cliente, ne ha altri. Viene il sospetto, allora, che la clausola nasconda una sorta di lapsus, che ci sia confusione tra consulenti e lavoratori dipendenti. Che sono dei «contraenti deboli» e meriterebbero ben altre tutele secondo le nostre leggi.
L’errore della Rai, per fortuna, è stato corretto, i sospetti in parte fugati. Ma resta il problema delle tante aziende italiane che vivono con fastidio le madri e stipulano contratti fasulli per poterle mettere alla porta appena minacciano di assentarsi, nonostante la paga, in quei mesi, competa agli istituti di previdenza. Per non dire di quei cacciatori di teste che nei colloqui rivolgono la domanda illegittima: «Pensa di mettere su famiglia?». 
Come se la gravidanza fosse un evento soltanto delle donne. Far crescere i bambini, istruirli ed educarli, proteggere la nascita delle famiglie, è invece nell’interesse di tutti. Non lo dice una «pericolosa» femminista, è scritto nella nostra Costituzione.


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