Pensionati e ragazzi ecco gli “Umarells”

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Negli anni zero, Danilo Masotti ha raccontato in rete l’esistenza degli umarells, i pensionati emiliani. I tenaci umarells – felice neologismo tra il bolognese umarell (ometto, omarino) e l’aggiunta della s anglofona – hanno reagito ai cambiamenti politici e sociali degli ultimi decenni adattandosi in modo sorprendente, con una cocciutaggine comportamentale che li ha preservati dalla rovina. Il suo blog, attivo ancora oggi, consiste in una lunga galleria di immagini commentate da didascalie con un tono comico sempre dettato da una forma di rispetto e, in alcuni casi, amore. 
Masotti ha così celebrato i pensionati che hanno attraversato la modernità , giovanissimi lavoratori del dopoguerra e del boom economico. Operai, impiegati, piccoli artigiani, oggi uniti dalla vecchiaia e da un tenore di vita parco, indispensabile per combattere l’impoverimento della classe mediobassa, alla quale, quasi sempre, gli umarells appartengono. Incuranti dei luccichii tecnologici, gli umarells gironzolano per i centri commerciali alla ricerca di sconti, spesso sostano davanti ai grandi cesti delle occasioni, e quasi sempre non comprano nulla, non solo per una ragione economica, quanto per un’innata forma di diffidenza ereditata dai genitori contadini. Assistono ai lavori stradali degli operai impegnati dentro buche o guardano le scavatrici con ammirazione e nostalgia. Fissano un vigile mentre compila la multa e ammirano le manovre nervose dell’autista di un Tir che deve parcheggiare l’autotreno in retromarcia. Accudiscono i nipoti, se li hanno ancora in età  scolare. A volte si fanno sedurre da forme di investimento, il 10% in obbligazioni area euro e il 90% in bot a sei mesi che, quasi sempre, rinnovano per altri sei mesi. Scrivono biglietti a stampatello, per rammentare ai trasgressori di una norma quali siano le regole condominiali. Indicano la strada a chi – sprovvisto di navigatore in auto – ha momentaneamente smarrito la via. Senza gli umarells, l’Italia sarebbe già  fallita da anni, eppure proprio gli umarells – e in particolare i futuri umarells – sono diventati un problema per i vari governi, anzi, l’eventuale fallimento dell’Italia pare sia dovuto proprio agli umarells e alle loro pensioni. Il blog è diventato un libro, uscito nel 2007 per Pendragon. 
La stessa casa editrice bolognese pubblica ora il primo romanzo di Masotti, Ci meritiamo tutto. Il protagonista si chiama Marco, è un tipico quarantenne “adultolescente”, anagraficamente a metà  tra i venti e i sessant’anni, ma dallo stile di vita molto più simile a un ragazzo. Mario si è staccato a fatica dalla famiglia, governata manco a dirlo da un umarell: «come farai a pagare l’acqua, la luce, il gas. La casa costa, Mario», gli rammenta suo padre, nel tentativo di tenerlo in casa. Il figlio riesce ad andare a vivere in quarantatré metri quadrati al quartiere Corticella, periferia bolognese, nell’appartamento ereditato da una zia senza figli, ma continua a portare i vestiti da lavare e stirare alla madre. L’alternativa più plausibile a questa vita sarebbe trent’anni di mutuo, o restare a casa dei genitori e affittare – meglio se in nero – l’appartamento agli “universitari salentini”. Eppure Marco ha un lavoro – teoricamente a tempo indeterminato – da ragioniere di questi anni, in un’azienda troppo programmaticamente denominata Nulla Spa. Vive un’esistenza come tante, costellata da piccoli eventi. Va in palestra, perché l’abbonamento «non è ancora scaduto». Dopocena passa le serate guardando gli «amici Michele Santoro, Giovanni Floris, Gad Lerner». Attende i “uichend” estivi per incolonnarsi sulla A14 fino al mare. Ed è pure innamorato di un amore finito, Irene. Il libro copre l’arco temporale di cinque anni, dal 2006 al maggio 2011. 
Quando la scrittura ricorda i testi dell’intelligente autore del blog, Masotti ci regala momenti di bravura ed eccellente comicità . «In un futuro senza lavoro per i giovani e senza pensioni per gli umarells, le nuove generazioni saranno costrette ad accompagnare i genitori a lavorare». Questa amara e geniale constatazione vale più di tanti vuoti dibattiti di “approfondimento”. Viceversa, quando Masotti narra il mondo impiegatizio, il romanzo è molto meno convincente, i personaggi sono bozzetti accennati, a una sola dimensione – quella del malessere – e dai nomi troppo dichiarativi, come “Ciccetti, le signore dell’Ufficio gambe gonfie”. È vero, spesso la vita lavorativa è deprimente. Le conversazioni quotidiane possono trasformarsi in piccole pietre finte, usate per seppellire le ore che mancano alla fine della giornata. Il compito della letteratura – più che ricalcare il malessere o la speranza – è creare la paralisi del tempo alle tre di un qualsiasi pomeriggio, l’impossibilità  di uscire da quell’istante in cui non possiamo andare e neppure rimanere, e non certo solo per una mera questione coercitiva, o contrattuale. Il quarantenne figlio dell’umarell, per quanto mi riguarda, è il perfetto personaggio letterario di questi anni. E così, se sul web digita il programma Quando andrai in pensione? Scoprilo con il calcolatore, immagino il personaggio letterario di questi anni mentre inserisce la propria età  e gli anni di lavoro, e fissa il contorno dello schermo, i banner pubblicitari gli dicono che il prestito conviene – confronta 15 banche in 3 minuti – quando clicca su calcola, e spera, per una volta, che il collegamento sia lento, così che tutti gli errori e le inerzie degli anni passati si possano annullare senza che lui faccia alcunché. Quando fissa l’esito del calcolo, il personaggio letterario non riconosce le cifre, che sarebbero pur sempre la sua vita, allora preferisce consultare il meteo, e accontentarsi, dentro il proprio piccolo angolo della nazione, del sole italiano appena velato, dietro un sottile strato di nubi.


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