Grecia, l’eurocolonia

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ATENE – Manifestazioni, cortei e occupazioni, così rispondono già  da oggi i lavoratori, pensionati e disoccupati in Grecia alle decisioni della maratona di 15 ore dell’Eurogruppo che ha deciso di abolire di fatto la democrazia nel paese, concedere un mostruoso prestito di 130 miliardi e tagliare di 100 miliardi il debito per salvare il sistema bancario greco ed europeo. A piazza Syntagma batte di nuovo il cuore della protesta dei cittadini che non vogliono essere sacrificati per pagare per decenni le stesse politiche neoliberali, probabilmente applicate in futuro al Portogallo e ad altri paesi del sud Europa. 
L’accordo dell’Eurogruppo alimenta già  lo scontro politico e sociale in Grecia, accelerando lo sgretolamento della maggioranza di socialisti e conservatori che sostiene il governo «tecnico» Papadimos. Di fatto si sta aprendo la strada alla vittoria delle forze contro i Memorandum, con le sinistre come principale forza politica del paese. 
Papadimos su una cosa ha ragione. L’accordo dell’Eurogruppo ha una portata storica non solo per la Grecia ma anche per l’Europa. La democrazia in Grecia e conseguentemente in Europa si trova ostaggio degli strozzini dei mercati e dei neoliberisti della Germania, Olanda e Finlandia. Con l’accordo dell’Eurogrupo, la «troika» e i creditori assumono di fatto la sovranità  della Grecia installando una commissione che controllerà  quotidianamente l’applicazione degli accordi e ogni tre mesi presenterà  un rapporto di valutazione che permetterà  o no il finanziamento del debito pubblico dai creditori. La «troika» e la Germania ripetono che i prestiti alla Grecia sono a livelli di record storici, ma nascondono che questi debiti vanno ad alimentare gli altri debiti che hanno imposto loro. Debiti che hanno condotto al più grande taglio della spesa pubblica in un paese in tempo di pace e al più grande e veloce impoverimento di gente nell’era industriale. 
I dettagli dell’accordo dell’Eurogruppo non lasciano dubbi sul fatto che l’Europa del nord cerca di dirigere il fallimento controllato della Grecia e di altri paesi con problemi di debito. Il prestito di 130 miliardi sarà  impiegato per il pagamento degli interessi del debito greco, mentre almeno altri 40 miliardi saranno impiegati per salvare le banche ma non i cittadini. Perché? Semplicemente perché, con la ricapitalizzazione delle banche, il governo prenderà  azioni ordinarie senza diritto di voto nelle assemblee generali delle banche. In altri termini, i cittadini pagheranno per salvare le banche dei banchieri che hanno distrutto il paese.
Il taglio del debito greco per 100 miliardi in mano dei privati, il cosiddetto PSI, prevede il taglio del 53,50% del debito e la sostituzione volontaria delle obbligazioni con bot trentennali e interessi di medio termine 3,65% fino al 2042 e 2,63% fino al 2020. Se la Grecia avrà  percentuali di sviluppo maggiori degli obiettivi dovrà  pagare un intessere aggiuntivo del 1%. Ma la parola sviluppo è quasi assente dall’accordo.
Secondo l’Eurogruppo e la «troika», il debito greco sarà  nel 120,50% del Pib il 2020, lasciando poche speranze che sarà  sostenibile. 
La valanga dei decreti che accompagneranno l’accordo nelle prossime due settimane e la conclusione del PSI nella prima settimana di aprile potranno aprire la strada alle elezioni anticipate. Papadimos e Venizelos cercavano ieri di convincere i greci che l’accordo dell’Eurogruppo era il migliore possibile. Papandreou e Samaras, i leader dei due partiti che sostengono il governo di Papadimos, insistevano che l’accordo evita il fallimento del paese. La borsa di Atene ha smentito questo ottimismo, chiudendo in caduta del 3,47% e del 9,97% per i titoli bancari. Samaras da parte sua ha ripetuto che vuole le elezioni anticipate e ha chiesto ai greci una maggioranza assoluta nel prossimo parlamento. I socialisti cercano di allontanare le elezioni fino alla fine della legislatura e perfino qualcuno di loro sorride con la battuta delle ultime settimane. «Nelle prossime elezioni votate i partiti piccoli – Votate Pasok».
Le decisioni dell’Eurogruppo sembrano aumentare le distanze degli espulsi dai due grandi partiti da Papandreou e Samaras., che hanno espresso dure condanne verso l’accordo. Difficilmente saranno recuperati per fini elettorali dal Pasok e dalla Nuova Democrazia. Le tre grandi forze di sinistra Kke, Syriza e Sinistra Democratica e i Verdi hanno condannato duramente l’accordo dell’Eurogrupo.


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