“I licenziamenti non sono la priorità  puntiamo sugli ammortizzatori”

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ROMA – «Non credo né ho mai creduto che a una maggiore capacità  delle imprese di licenziare corrisponda una maggiore occupazione. Questa ricostruzione enfatica intorno all’articolo 18 è lacunosa e non tiene conto della realta dei fatti che si svolgono nel nostro Paese». Matteo Colaninno, deputato Pd (responsabile Sviluppo industriale e finanza d’impresa), e imprenditore, interviene nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro di cui si parlerà  oggi in un incontro governo sindacati.
Veltroni dice “basta tabù sull’articolo 18”. 
«Non credo sia corretto strumentalizzare Veltroni. Tuttavia l’articolo 18 non deve essere nel modo più assoluto la priorità . Sto con Scalfari: ritengo pericoloso, nel momento in cui abbiamo bisogno di stabilità , esasperare l’argomento. Dobbiamo essere consapevoli che non è in questione l’equazione “più licenzio più assumo”, una “disequazione” pericolosa. E inutile».
E qual è, allora, per lei, la priorità ?
«Più del 95 per cento delle nostre imprese sono fuori dal dibattito sull’articolo 18 perché con meno di 15 dipendenti. E oggi i posti di lavoro bruciati dalla crisi fanno il paio con i tassi di fallibilità  delle imprese: dall’inizio della crisi contiamo una media di più di 30 aziende al giorno che chiudono. Le società  sono stremate dal punto di vista finanziario e economico. In un quadro simile, in testa va posta la questione degli ammortizzatori sociali». 
Allora pare contraddire Veltroni che invita a “non fermarsi davanti ai santuari del no che hanno paralizzato l’Italia per decenni”.
«Va bene, nulla è intoccabile. Penso che ci debba essere una dose corretta di flessibilità  all’interno delle imprese, ma ritengo deleterio che questa dose diventi un abuso strutturale. Un disboscamento di tutta quella miriade di contratti flessibili in entrata va certamente fatto. Ma noi di qui a dodici mesi abbiamo il problema di pensare a ristrutturazioni industriali. Per cui ritengo con tutta la prudenza del caso che la questione degli ammortizzatori sociali, della Cigs e dei contratti di solidarietà  debbano essere mantenuti il più possibile stabili perché hanno consentito a molte aziende di sopravvivere».
Dal suo punto di vista di imprenditore, oltreché di politico, qual è oggi il problema delle imprese?
«È dare loro capacita di resistenza nell’attraversamento della crisi».
Come?
«Invitando le banche a aprire le maglie dell’accesso al credito. Spingendo gli imprenditori attraverso stimoli fiscali a capitalizzare maggiormente le imprese. E spronando imprese e imprenditori – attraverso politiche industriali e fiscali di diminuzione del costo del lavoro per chi assume – a riuscire a competere con la concorrenza che arriva da una globalizzazione così spinta».


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