I Marò uccidono due pescatori
Diranno che è stato un «effetto collaterale» della lotta alla pirateria marittima? Due pescatori indiani sono stati uccisi mercoledì da militari italiani addetti alla sicurezza di una petroliera. L’episodio è avvenuto mercoledì al largo del Kerala, stato dell’India meridionale, e sui fatti ci sono versioni discordanti: tanto che ieri il ministero degli esteri indiano a New Delhi ha convocato l’ambasciatore d’Italia, Giacomo Sanfelice di Monteforte, per trasmettergli una protesta formale. Quello che è certo è che le vittime sono due pescatori, Ajesh Binki di 25 anni e Jalestein di 50. L’altro dettaglio certo è che la nave italiana, Enrica Lexie, aveva la scorta armata, come ormai è prassi per i mercantili che attraversano zone a rischio di pirateria: e in questo caso gli uomini di scorta appartenevano al battaglione San Marco della Marina militare italiana.
La dinamica dei fatti invece resta da chiarire. La sparatoria è avvenuta in acque internazionali o indiane? L’ambasciata italiana ieri mattina ha detto, citando informazioni dello Stato maggiore della Marina militare, che la nave mercantile «è stata attaccata da una unità pirata in acque internazionali, a circa 30 miglia nautiche dalla costa sud-occidentale indiana» e che il personale della Marina italiana a bordo, «seguendo i protocolli internazionali, dopo ripetuti avvertimenti ndr] e dopo aver verificato con i binocoli che i pirati erano armati, ha sparato gradualmente alcuni colpi di avvertimento, e i pirati si sono allontanati». In seguito il comandante della nave italiana «è stato contattato dalla guardia costiera indiana» che gli ha chiesto di dirigersi al porto di Kochi, dove ora si trova.
Questa versione non spiega però perché ci siano due morti. I pirati erano in realtà un peschereccio salpato due giorni prima da un piccolo porto del Kerala, nel distretto di Kollam, con 11 pescatori a bordo; era notte al momento della sparatoria e in coperta c’erano solo il guidatore e un altro, le vittime. Non sembra che fossero armati. La stampa indiana riferisce che il fatto è avvenuto a 14 miglia nautiche dalla costa, ovvero in acque indiane, e pare che i superstiti non abbiano visto alcun avvertimento. Ieri comunque la polizia stava interrogando i due equipaggi – gli italiani sono consegnati a bordo, è gli stata usata la cortesia di attendere l’arrivo del console italiano da Mumbai.
Alla fine della giornata le dichiarazioni dell’ambasciata d’Italia erano molto più caute che all’inizio. L’Italia intende cooperare con le autorità indiane per chiarire l’incidente, ha detto l’ambasciatore Sanfelice alle tv indiane dopo aver incontrato il sottosegretario agli esteri Madhusudan Ganapathi: e ha aggiunto che la petroliera «è andata volontariamente nel porto di Kochi» (ma per bloccarla e «invitarla» in porto, la marina indiana ha dovuto mandare all’inseguimento due navi e un elicottero della guardia costiera, conferma il ministero della difesa di New Delhi).
Il governo di New Delhi ieri ha fatto sapere che aprirà un procedimento legale contro l’equipaggio italiano. Il governo del Kerala intanto ha annunciato un risarcimento per le famiglie dei due pescatori uccisi: 500mila rupie ciascuno, pari a circa 6.500 euro, e un immediato aiuto di 150 euro (sì, 150: per organizzare una cerimonia funebre e sfamare una famiglia è una cifra irrisoria anche in India).
Che sia stato un errore, a posteriori è ovvio. Se regga la tesi della «legittima difesa», lo stabilirà un tribunale. Ma l’incidente ricorda in modo allarmante i posti di blocco di Baghdad, quando i militari occidentali avevano la regola «prima spara, poi fai domande». Qui abbiamo dei militari – i Marò, i marines italiani – che fanno da scorta a mercantili, quindi navi commerciali, attraverso mari a rischio di pirateria. È la prassi in vigore dall’estate scorsa, quando il decreto legge sul rifinanziamento delle missioni militari all’estero ha previsto l’imbarco di personale armato a spese degli armatori (che possono assoldare militari delle Forze armate italiane o contractors); i decreti attuativi prevedono che i militari della Marina a bordo di mercantili siano «personale diverso dall’equipaggio»: in altre parole, non sono sottoposti alla catena di comando della nave, ma rispondono alle gerarchie militari. Questo significa che l’incidente diplomatico si complica: dei soldati italiani, sotto il comando della gerarchia militare, hanno sparato e ucciso in acque territoriali indiane. Quanto ai pescatori dell’oceano Indiano, dovranno stare molto attenti ai mercantili «dal grilletto facile».
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