Fusione Snam-Terna, Passera frena “Ad oggi mai presa in considerazione”
MILANO – «La fusione Snam-Terna? Non è una eventualità che ad oggi è mai stata presa in considerazione». Per la prima volta, da quando è in discussione al Senato il decreto liberalizzazioni, il governo prende posizione su una delle questioni più dibattute: la separazione di Eni dalla sue rete di gasdotti e di impianti di stoccaggio, e la relativa destinazione degli asset che verranno ceduti dalla società leader del settore energia in Italia.
Lo ha fatto ieri, rispondendo a una precisa domanda, il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera. Non tanto sulla separazione proprietaria, visto che è stato lo stesso Monti ad annunciarla, superando le resistenze nel governo guidate dal sottosegretario alla presidenza del consiglio Antonio Catricalà . Quanto sul futuro della rete del metano. In particolare, su una delle possibili soluzioni sul tavolo del governo: la fusione con Terna, la società controllata dalla Cassa Depositi Prestiti.
Una soluzione che, per esempio, non piace all’amministratore delegato di Snam, Carlo Malacarne che in una intervista a Repubblica l’aveva bocciata perché «senza senso, una scelta politica e non di business». Ma l’ipotesi sarebbe al vaglio di alcuni advisor finanziari che dispongono di studi secondo cui ci sarebbero sinergie grazie al taglio dei costi e dell’accresciuta capitalizzazione di Borsa: le due società assieme valgono oltre 18 miliardi di euro, visto che Terna vale 5,6 miliardi di euro, mentre Snam più del doppio a quota 12,6 miliardi.
Ma la risposta del ministro fa capire che una decisione non è stata presa. E non potrebbe essere diversamente. E non solo perché il dibattito è ancora in corso al Senato, dove il centrosinistra si sta battendo perché Eni scenda fino al 5% del capitale di Snam, mentre una parte del Pdl spinge perché si fermi al 20%. Inoltre, il Pd vorrebbe che il governo accorciasse i tempi dell’operazione, ora previsti in due anni e mezzo. Una soluzione, del resto, verrà scelta anche tenendo conto di altre ipotesi allo studio. Per esempio, la creazione di una holding a controllo pubblico, che abbia sotto di sé sia Snam che Terna, che continuerebbero così a sviluppare la propria strategia. E potrebbero candidarsi a essere tra i protagonisti per la creazione di una rete europea del gas e dell’elettricità , obbiettivo per cui Snam sta già lavorando da un anno e mezzo.
Di sicuro, alla fusione diretta dei due gruppi è contraria buona parte del centrodestra, come ha ribadito ieri l’ex sottosegretario Stefano Saglia: «L’ipotesi non ha senso dal punto di vista industriale, gli unici che trarrebbero benefici da questa operazione sarebbero gli advisor e le banche d’affari».
Il tema è al centro dell’interesse di tutti gli operatori del settore. Come dimostra la presa di posizione di Bruno Tani, l’associazione degli industriali del settore gas. A suo dire «non ci sono ragioni di tipo industriale perché le due società svolgono attività completamente diverse, dunque difficile realizzare economie di scala o sinergie». E soprattutto una fusione potrebbe «danneggiare la forte identità europea di Snam e la sua “identità gas” che verrebbe diluita».
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