Nadia, 19enne nata a Guidonia, rinchiusa nel Cie dopo le violenze del padre

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ROMA – Nadia, 19 anni. Lunghi capelli neri a treccine, occhiali e forte accento romano. Nata a Guidonia, uno dei tanti comuni della cintura periferica romana, da genitori marocchini. Ha passato un mese e mezzo nel Centro di identificazione e di espulsione di Ponte Galeria, come fosse appena sbarcata in Italia. Condivideva la cella con ex detenute. In gabbia come lei. Solo che Nadia non è colpevole di nulla. La ragazza è vittima tre volte. Ha subìto le violenze del padre, che ha molestato anche la sorella, ha scontato sulla propria pelle il vulnus della legge sulla cittadinanza italiana per gli stranieri nati nel nostro paese, ha vissuto l’incubo della reclusione in un Cie. Nadia stava passando una serata in un pub con il suo ragazzo e altri amici. Fuori dal locale è scoppiata una rissa, episodio frequente nella movida romana. Loro sono stati identificati e portati in questura perché non avevano i documenti. Il suo ragazzo rilasciato subito dopo, lei spedita a Ponte Galeria perché sans papiers. Niente cittadinanza marocchina e nemmeno italiana. Niente permesso di soggiorno a causa della vicenda familiare e giudiziaria che la vede protagonista come vittima di un orco in casa.

Nonostante l’evidenza che la ragazza è un’italiana di fatto, gli agenti hanno applicato alla lettera la normativa. Niente permesso di soggiorno, allora la destinazione è un Cie in attesa di essere identificata  e rispedita nel paese d’origine. La ragazza però non è mai stata in Marocco. Spaventata, ammutolita, Nadia inizialmente non ha raccontato nulla della sua vicenda. Dopo due settimane finalmente la verità  è saltata fuori. Fino a 17 anni era sul permesso di soggiorno del padre, ma avendolo denunciato per violenza sessuale non è più sul documento del genitore. Due anni fa è scappata di casa per la stessa ragione. “Come tutti i diciassettenni non va certo a pensare di rinnovare il permesso di soggiorno o di chiedere la cittadinanza”, commentano gli stessi poliziotti nel Cie, secondo cui questo è un caso limite. In realtà  quella di Nadia è una storia sbagliata dall’inizio alla fine. Una di quelle vicende in cui la realtà  fa a pugni con la legge. Mai un’adolescente italiana di fatto sarebbe dovuta finire in un centro di detenzione per migranti irregolari.

Il processo contro il padre di Nadia è in corso alla procura di Tivoli. Dal tribunale è arrivato il nullaosta che ha annullato l’espulsione. La ragazza è testimone chiave nel processo e l’Italia voleva imbarcarla con la forza su un aereo per il Marocco, impedendole di testimoniare. Ora Nadia è libera, con un permesso per motivi di giustizia. Probabilmente aveva diritto anche a chiedere la cittadinanza italiana, ma essendo passato il limite dai 18 ai 19 anni, l’unico periodo consentito per chiederla, non potrà  fare domanda. Intanto si trova in una struttura protetta per donne vittime di violenza. Non potrà  sicuramente dimenticare le attenzioni del padre. Ma chissà  se riuscirà  a scordare la brutta esperienza di 45 giorni in un centro di identificazione e di espulsione. (raffaella cosentino)

 

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