Caino è anche un po’ Abele Storie di fratelli (e di figli)

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La famiglia Pontecorvo è una famiglia felice, diventata disgraziatamente infelice a modo suo per colpa dei media. Anzi, in verità , la colpa è tutta di una stronzetta, una specie di fidanzata di uno dei figli Pontecorvo, che inPersecuzione trascina nel gorgo mediatico dei sospetti il padre, un oncologo pediatra di successo. Camilla, così si chiama la stronzetta, fa in modo che Leo Pontecorvo venga ingenuamente e ingiustamente accusato di pedofilia, un marchio d’infamia che si riverbera sull’intera famiglia: il padre si rintana nello scantinato di casa per non uscirne più, la madre rinvigorisce la sua atavica inclinazione al sacrificio. E i figli? E Filippo e Samuel?
Le vicissitudini dei figli vanno a comporre la seconda parte del dittico Il fuoco amico dei ricordi di Alessandro Piperno: il titolo tradisce un alibi semantico. Si chiama Inseparabili, ma non promette eterna indissolubilità  (diffidare sempre degli aggettivi con desinenza in -abile). Ricordate il film Gli uccelli di Hitchcock? A San Francisco, in un negozio di animali, s’incontrano l’avvocato Mitch Brenner e la ricca e giovane Melanie Daniels, figlia dell’editore di un giornale della città . Per sedurla, Mitch finge di scambiarla per una commessa e le chiede informazioni su una coppia di pappagallini (i lovebirds, ovvero gli inseparabili) da donare alla sorellina Cathy per il compleanno. Come va a finire lo sappiamo. 
La «popolarità  indecente» cui è assurto il padre ha fatalmente sconvolto la vita dei figli. Ma in maniera del tutto imprevedibile, capovolgendo le apparenze: «La sobrietà  non è che il vestito buono indossato dalla ferocia». Superata traumaticamente la linea d’ombra, Filippo e Samuel sono destinati a separarsi. Mentre il primo conquista una fama planetaria come autore di un film-denuncia sulle violenze a danno dei bambini, Samuel s’infila nel buio dell’infelicità  e del risentimento che lo allontanerà  da tutti.
Filippo è un superficiale, non disdegna il repertorio di quel kitsch politico che unisce la gente di sinistra di tutte le epoche e di tutte le tendenze, il «torbido narcisismo del cooperante umanitario medio» («Ciò che fa di un uomo di sinistra un uomo di sinistra non è questa o quella teoria, ma la sua abilità  a far sì che qualunque teoria diventi una parte di quel Kitsch chiamato Grande Marcia in avanti» scrive Milan Kundera). La «Grande Marcia in avanti» di Filippo, fumettista di discreto talento, è un film, Erode e i suoi pargoli, che lo porta prima al Festival di Cannes e poi all’abbraccio mondiale delle anime belle che combattono l’infanticidio.
Samuel, Semi per i familiari, è la causa involontaria dell’incidente paterno (la stronzetta era una sua fidanzatina), una colpa che gli ha causato non pochi problemi sessuali (il fratello lo chiama con amabile perfidia «frocetto», ma il suo demone si chiama impotenza). Tenta vari lavori: «Nei momenti di buona, Semi si sentiva (…) l’individuo dinamico e saettante che aveva sempre sognato. Ma nei momenti di stanca, temeva di essere la versione contemporanea di un commesso viaggiatore…». Insomma, dei due doveva essere il più brillante, ma la sua sensibilità  lo condanna al fallimento.
È curioso come al centro di un romanzo controllato da un’attenzione alta alla scrittura, il motore di ogni deflagrazione sia la volgarità  scomposta dei media: «Se la notizia di ciò che Leo aveva fatto (…) non fosse giunta a tradimento una bella sera di luglio, spiattellata dallo speaker del fidato telegiornale delle venti (…), le cose sarebbero andate diversamente».
Sono i media che risucchiano nel disonore Leo e la sua bella famiglia romana, ebrea, borghese; sono i media che fanno da sfondo a molte vicende (Anna, la moglie di Filippo, è stata una delle ragazze di Non è la Rai ed è sempre alla ricerca di una fiction televisiva che ne valorizzi le doti artistiche); sono i media che creano l’insperato successo del film di Filippo (all’idolatria del successo corrisponde sempre l’asservimento al pubblico); sono i media — quelli più incontrollati e infidi, quelli che fondano il loro terreno di coltura nel web — a condizionare sinistramente la vita della famiglia di Filippo. Sono i media, infine, che fanno di Filippo un’icona luminosa per folle bisognose di restituire «charme allo sdegno civile e sex appeal alla protesta umanitaria» e di Samuel un fratello rosicone, sempre bisognoso di donne più in gamba di lui.
Se in Persecuzione la parte concettuale finiva per soffocare quella narrativa (se uno avesse avuto confidenza con l’autore avrebbe potuto suggerirgli uno dei sacri precetti del racconto: Show, don’t tell!), Piperno dimostra di aver consegnato il garbuglio alla prima parte del dittico per ritrovare qui l’essenza ultima del romanzo, tutti quei dettagli del racconto che sono tenuti insieme da una saggezza sovrapersonale, l’unica in grado di cogliere lo spirito del tempo. Solo così i personaggi riescono a esprimere la loro complessa personalità  e il loro ambiguo retroterra, dove la vittima è sempre un po’ carnefice, dove Caino è anche un po’ Abele, dove i figli sono anche un po’ padri. Con la possibilità  di un coup de théà¢tre finale, come si addice a ogni vero romanzo: i lovebirds alludono sempre al tema del doppio e del lutto. A mano a mano che i media avvolgono e infiltrano tutta la nostra vita, la nostra morale quotidiana ha come unico appiglio la memoria, «il fuoco amico dei ricordi». Attenzione, però, perché i ricordi possono anche annientare, il loro peso è spesso insopportabile. Per questo, come racconta una storia chassidica raccolta da Martin Buber, Dio manda ai bambini appena nati due angeli: quello della memoria e quello della dimenticanza, inseparabili. Ma infelice è colui che per disgrazia non viene visitato dal secondo.


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