E il Professore accelera sulla riforma “Ora si può approvare entro marzo”

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Mario Monti vuole accelerare sulla riforma del lavoro. Il premier è infatti convinto che il patto stretto con il segretario della Cgil, Susanna Camusso, possa reggere. Del resto, fin dall’insediamento del governo il premier era consapevole che il passaggio più complicato per l’intero pacchetto economico era rappresentato dal dialogo con il sindacato di Corso Italia. L’intesa con la Cgil era la premessa per evitare una esasperata tensione sociale e blindare l’appoggio del Pd. Non a caso, proprio il capo dei Democratici, Pierluigi Bersani, pochi giorni fa aveva spiegato in un’intervista a Repubblica che il suo partito avrebbe «accettato qualunque accordo nato al tavolo con le parti sociali». Comprese, quindi, modifiche o correzioni all’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori.
Ma soprattutto a Palazzo Chigi sanno che un intervento così delicato deve essere varato in tempi brevi. Evitando di superare la data del prossimo appuntamento elettorale amministrativo di maggio. Dopo quel voto sarà  più complicato per i partiti che sostengono Monti accogliere una riforma che nell’elettorato può essere considerata impopolare. Alcune delle forze politiche impegnate nella maggioranza potrebbero essere penalizzate dal voto locale e quindi reagire anche rispetto all’attività  dell’esecutivo. Senza contare che un po’ tutti mettono nel conto che dalla primavera partirà  di fatto la campagna elettorale per le politiche del 2013.
Il Professore dunque cerca di stringere i tempi. E nei prossimi giorni tornerà  anche a sentire l’opinione dei segretari Bersani, Casini e Alfano. Con ogni probabilità  dopo l’approvazione al Senato del provvedimento sulle liberalizzazioni sul quale il governo è pronto a porre la questione di fiducia. Il testo della riforma del lavoro – negli obiettivi della presidenza del consiglio – deve essere predisposto entro marzo. L’ipotesi più probabile è che prenda la forma di un disegno di legge delega. Non un decreto – verrebbe considerato una forzatura – ma nemmeno un semplice di disegno di legge con tempi di esame in Parlamento troppo lunghi.
Al momento, però, lo snodo più intricato è rappresentato appunto dal rapporto con i sindacati. Come sempre è accaduto in passato le trattative ufficiali su questioni fondamentali sono accompagnate anche da contatti e incontri riservati. Famosi i faccia a faccia tra Luciano Lama e Gianni Agnelli. Pure in questo caso è stato così. E anche in passato è capitato che alcuni di questi colloqui venissero rivelati dalla stampa. Basti pensare che dopo il faccia a faccia tra Monti e la Camusso a novembre durante le consultazioni per la formazione della squadra governativa, ci sono stati almeno altri due confronti ufficiosi e informali: uno a dicembre e uno a febbraio. E anche a margine dell’ultimo vertice ufficiale con le parti sociali convocato il 2 febbraio scorso, il premier e la Camusso hanno avuto l’occasione di scambiarsi privatamente alcune impressioni. Soprattutto sulla frase pronunciata dal capo del governo sulla «monotonia» del posto fisso. Una procedura che certo non sorprende e non rappresenta un unicum.
Sta di fatto che – al di là  delle smentite – il confronto tra Palazzo Chigi e sindacati è vicino a una svolta. La disponibilità  di Cisl e Uil a discutere temi fino a poco tempo fa inagibili, ha fatto breccia anche nell’organizzazione guidata da Camusso. E si basa su due pilastri fondamentali: la stabilizzazione dei precari attraverso una sospensione temporanea – non superiore ai tre o quattro anni – dell’articolo 18 e un’interpretazione giudiziaria della stessa norma meno rigida. Una richiesta quest’ultima avanzata peraltro sai da Monti, sia dal segretario del Pd Bersani.
Una soluzione che in qualche modo viene considerata una mediazione accettabile da entrambe le parti. Certo, come è accaduto per l’ultima riforma delle pensioni, non si tratterà  di una normativa che i sindacati sposeranno in pieno. Anche perché soprattutto la Cgil deve fare i conti con la resistenza di una parte dei suoi iscritti. Ma su alcuni principi-base, dopo un’iniziale diffidenza, tra il premier e la leader sindacale si è di recente aperto un canale di dialogo.


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