Sì all’austerity, Atene brucia
Il ragazzo raccoglie un mandarino. Lo lancia contro i poliziotti schierati a difesa del Parlamento greco, dove si tiene una seduta storica. Nella notte arriva l’approvazione delle misure di austerità . Il tempo di scavallare la mezzanotte, ed il piano del governo passa. Il Parlamento greco approva le misure richieste per evitare il default, nonostante le proteste delle quasi 100mila persone che hanno provato di tutto per fermare questa decisione, stanchi, stremati, di dover sostenere ulteriori impossibili sacrifici. Hanno lanciato persino mandarini. Quasi il simbolo della protesta. Dagli alberi che ornano piazza Syntagma cadono centinaia di piccoli agrumi. Raccolti e scagliati verso il cielo. Ma è stato tutto inutile, quella selva di pallette arancioni assieme a bottigliette di acqua. Gli agenti in tenuta antisommossa, divise rafforzate da protezioni che sembrano armature, replicano con raffiche di candelotti lacrimogeni. Dieci, venti. Una breve pausa e poi ancora una decina. Tutto piomba sulla gente. Il fiume umano sbanda. Ma non si scompone. Resiste, sorpreso e indignato. La reazione è spropositata. I black bloc non ci sono ancora. Nessuna provocazione violenta, nessuna pressione per far saltare l’imponente manifestazione.DONNE, GIOVANI, ANZIANI
C’è un intero paese, in questa piazza intitolata alla Costituzione, valore supremo per ogni greco, fiero dei padri che fondarono la Democrazia. Donne e uomini, giovani e vecchi, persino bambini, le mani strette a quelle dei genitori. Sono qui perché vogliono decidere il loro futuro e quello dei loro figli. Le provocazioni, scandite da rulli di tamburi, maschere allegoriche, sfilate di motociclette, improvvisazioni teatrali, e perfino lanci di frutta, fanno parte di ogni manifestazione di piazza. Soprattutto quelle pacifiche. Come questa. Imponente, forte, ma pacifica. L’ironia allenta la tensione, aiuta a superare le difficoltà di una recessione che ha cambiato radicalmente le abitudini di vita di interi strati sociali. Ma viene scambiata per violenza. Non è tollerata. Crea lo spunto per sciogliere questo assembramento oceanico e liberare il campo da una pressione che rischia di condizionare il voto parlamentare. Dentro il Palazzo che svetta sulla collina di Syntagma, 300 deputati discutono da cinque ore il pacchetto di misure richieste dall’Europa e dalla troika internazionale. Misure durissime. Necessarie ma insopportabili. Ma, soprattutto, incomprensibili alla stragrande maggioranza della popolazione che le considera una vera imposizione dei paesi forti della Ue.
STUPORE E INDIGNAZIONE
Il voto è previsto per l’1 di notte. Ma già dalle 18 l’intero centro di Atene è sconvolto da una guerriglia che si accende nelle grandi arterie laterali e dentro i vicoli dei quartieri vicini. Il fumo acre, che ti soffoca e ti penetra nei polmoni, che aggredisce gli occhi con la forza di mille spilli, costringe la gente a lasciare il campo. Poche decine di metri. Poi si ferma. C’è stupore e indignazione nei visi stravolti dal dolore. La scelta di sciogliere la manifestazione è considerato un sopruso. La violazione di un diritto che i greci si sono conquistati a fatica, tra occupazioni nazista e una feroce dittatura militare. Dalla piazza sale un urlo, cupo e profondo, di rabbia e indignazione. Volano insulti e bestemmie. La gente batte la mani, colpisce con i pugni le serrande in acciaio rinforzato dei negozi di lusso. Scuote, con un frastuono, lo stesso asfalto già tappezzato di candelotti fumogeni e di bombe assordanti. Il muto compatto di uomini e donne si apre davanti agli slogan di un altro piccolo corteo che sopraggiunge dalla vicina Facoltà di Giurisprudenza, occupata da mesi. Sono i black bloc, gli anarchici e gli autonomi rimasti finora ai margini della manifestazione. Sono duri, decisi, pronti a reagire. Ma sono soprattutto armati.
Vestiti di nero, indossano felpe, cappucci, gli occhi e la bocca coperti da maschere antigas. In molte mani vediamo bottiglie incendiarie, mazze, martelli, asce, bastoni. E la gente, per la prima volta dopo tanti mesi, applaude. Sostiene questo rinforzo inaspettato e li spinge a reagire. Loro sono gli esperti: sanno come e dove colpire.
TECNICHE DA GUERRIGLIA
Lo fanno con tecniche da guerriglia. Venerdì scorso, primo giorno di sciopero, davanti ai primi scontri, si erano limitati a lanciare pezzi di marmo e bastoni. Adesso esplodono una raffica di razzi rossi e gialli che investono il muro di poliziotti. Assieme a bombe carta, petardi, molotov. Si muovono in piccole squadre. Ognuna ha un compito preciso. Prima i razzi, seguiti da una selva di sassi, lattine piene di cemento, bastoni. Poi retrocedono e fanno largo al gruppo con le bombe carta e quelle assordanti. I poliziotti restano storditi. Non fanno in tempo a riprendersi.
Vengono investiti da un terzo lancio, questa volta di bottiglie piene di benzina che s’infiamma con lunghe lingue di fuoco. Una quarta squadra lavora dall’alto e acceca con i raggi laser le visiere degli agenti. Le cariche si susseguono, tra fughe e sbandamenti. La polizia risponde con gas lacrimogeni che lancia con le mani. Cerca di spezzare il fronte compatto dei manifestanti. Ma questa volta fatica, spesso è costretta a retrocedere. La gente si è organizzata. Gli incidenti erano previsti. Ognuno si è procurato mascherine antigas e occhiali trasparenti. Non partecipa agli scontri, lascia fare i più esperti. Ma resta ferma, non fugge, rifiuta di lasciare la piazza.
PAPADEMOS INVIA ALLA CALMA
Crea un muro di sostegno ai mille che si scatenano pochi metri più avanti. L’assedio al Parlamento continua. Dentro, si decide il futuro di un intero paese. Il premier in aula condanna la violenza: «Il vandalismo e la distruzione non hanno posto nella democrazia». Poi rivolto ai deputati: «Se voterete no, sarà un catastrofico default». In piazza tantissimi, migliaia, battono di nuovo le mani, tempestano con i pugni le lamiere dei cartelloni pubblicitari, pestano i piedi per terra. Resistono e davanti ad ogni fiammata delle bottiglie incendiarie, davanti ai boati delle bombe carta, lanciano grida di approvazione.
Il fumo dei candelotti è insopportabile. Bisogna retrocedere. E la folla, composta ma piegata dai colpi di tosse, dai conati di vomito, dagli occhi che bruciano come tizzoni ardenti, ripiega verso le vie laterali. Pochi minuti, il tempo di riprendersi.
Bustine di vasellina passano di mano in mano. Servono a lenire il dolore, a placare i polmoni infuocati che sembrano scoppiare. Molti si sentono male, sono raccolti e portati a braccia verso gli uomini delle Croce rossa. Gruppi di ragazzi e ragazze girano con boccette piene di un liquido gelatinoso. Te lo spruzzano sugli occhi, sul naso e sulla bocca. Anche questo serve a placare gli effetti urticanti dei gas lacrimogeni. Lasciano una patina biancastra che adesso vediamo sui visi di molti. Soprattutto delle donne e degli anziani. E’ l’unico modo per restare sul posto, cercare rifugio in un angolo e attendere che la guerriglia si plachi.
I PALAZZI INCENDIATI
Ma gli scontri continuano. Assieme ai focolai che punteggiano tutto il centro di Atene devastato da distruzioni e danneggiamenti. Diciassette palazzi sono incendiati. Uno confina con quello dell’Fmi qui ad Atene. Le fiamme attecchiscono altri immobili, ma i pompieri faticano a farsi largo tra la folla decisa a restare in piazza. Un camion dei vigili del fuoco viene sequestrato da un gruppo di anarchici che lo usano come ariete contro il muro di agenti. Per una mezz’ora c’è la battaglia più violenta di questa folle e disperata notte. Solo alla fine gli agenti riescono a riprendersi il mezzo. Ma a duro prezzo. Ci sono almeno 50 feriti, 22 sono gli arrestati. Molti tra i poliziotti. Le forze dell’ordine sono state mobilitate in massa ma sono costrette a continui ricambi. Il ministero dell’Interno studia nuove strategie per riuscire a riconquistare le strade ancora invase da decine di migliaia di persone. Pochi, pochissimi sono disposti a mollare. La guerriglia è generale. Coinvolge uomini e donne di ogni età . Gente comune, scesa in piazza per la prima volta ma decisa comunque a far sentire la propria voce. Solo verso le 22 prevale la stanchezza e una rassegnata desolazione. La maggioranza lascia il campo. Le vie e le piazze del centro restano nelle mani di piccoli gruppi: devastano ogni cosa che trovano lungo il cammino. Gli altri, a migliaia, vagano senza una meta precisa. Tristi, carichi di rabbia. E’ presto per fare un bilancio dei danni. Atene brucia.
Di rabbia e di violenza. Molti me lo gridano in faccia: «E’ solo l’inizio. Se passano le misure per noi è finita. Allora sarà guerra. Guerra per vivere o morire».
Related Articles
Imu-Bankitalia a rischio caos Corsa per salvare il decreto
Ostruzionismo di M5S, la maggioranza irritata con Boldrini. S&P’s torna a minacciare il declassamento: manca la crescita
Fed non taglia gli aiuti, la Borsa vola
«Ripresa ancora incerta». Resta lo stimolo da 85 miliardi di dollari al mese
Air France non sottoscriverà l’aumento Alitalia Piano Del Torchio: tagli ai salari e 2000 esuberi