Senza migranti non ci sarà  benessere Facciamoli votare

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Purtroppo, abbiamo trascurato questo problema. E abbiamo fatto male. Sono certo che tutti si rendano conto che negli ultimi tempi discriminazione e intolleranza hanno raggiunto livelli molto preoccupanti. Minoranze come Rom e musulmani sono emarginati e stigmatizzati. L’antisemitismo è in aumento e i partiti xenofobi guadagnano popolarità  in diversi paesi europei. Con l’attuale crisi finanziaria, questa pericolosa tendenza è in continuo aumento. Io sono terrorizzato dall’idea di una recrudescenza della politica nazionalista. Se la tolleranza fallisce mentre il nazionalismo riempie le urne, per l’Europa sarà  un disastro.
Ma c’è il pregiudizio nei confronti della diversità . Drammatici avvenimenti come il massacro di Utoya confermano la paura che abbiamo nei confronti dei gruppi culturali e religiosi diversi. Se continua così è facile prevedere che dai ghetti delle popolazioni migranti, si passerà  all’odio parallelo delle due società .
Nell’estate del 2010 affidai a un gruppo di insigni politici europei uno studio sulla diversità  e raccomandazioni per la pacifica convivenza. La soluzione fu trovata: 17 principi guida e 59 proposte di azione sotto forma di raccomandazioni strategiche. Ricevetti attestati di consenso da tutto il mondo. Serve solo la volontà  di mettere queste strategie in pratica.
Prendiamo la questione dei Rom. C’è un solo stato che si sia realmente occupato di loro, che abbia difeso i loro interessi? E i profughi? I richiedenti asilo? E gli emigranti? Sono oltre 15 milioni gli irregolari. Non è necessario avere le carte in regola per essere titolari di diritti umani. Loro, invece, non ne hanno. Non godono nemmeno dei diritti fondamentali: l’istruzione, la salute, l’alloggio, la sicurezza. Niente. Uno dei programmi di maggiore successo del Consiglio d’Europa è quello delle città  interculturali. Ma non basta il progetto, ci vuole l’attuazione. Non lasciamoci fuorviare dalla crisi dell’euro e dal terrore della recessione. Sappiamo bene che può anche andare peggio, se non interveniamo. Sono problemi che con una più ampia visione umana e sociale si possono risolvere. Invece, ci sono troppi stereotipi, distorsioni e pregiudizi a influenzare l’opinione pubblica, soprattutto nei confronti degli emigranti.
L’unica soluzione possibile è la coesione sociale. La diversità  culturale è una caratteristica storica che non si può rimuovere: dobbiamo imparare a conviverci e cercare di trarne beneficio. In secondo luogo, bisogna rifiutare gli estremismi, la discriminazione, il razzismo, l’intolleranza e l’incitamento all’odio. Infine, ricordarci dei valori fondamentali che ci legano, sanciti dalla Convenzione europea dei diritti umani. Quindi dell’assoluta necessità  di rispettare l’identità  culturale, religiosa o etnica degli altri senza rinunciare alla propria. 
Tutto inizia con l’istruzione. I giovani sono il nostro futuro, dobbiamo educarli ad accettare e apprezzare la diversità . A volte bastano cose semplici come l’insegnamento delle lingue straniere. Servirebbe un vasto programma di insegnamento delle lingue straniere non solo per i bambini in età  scolare. L’Europa ha bisogno del multilinguismo per costruire una nuova società , che veda nella diversità  il rispetto di ciascuno a scegliere la propria identità . Le persone vogliono godere della propria ricchezza culturale: essere marocchino e francese, turco e un tedesco al tempo stesso. Ma bisogna rispettare anche identità  e diritti della cultura locale.
La tendenza verso la cittadinanza multipla è inarrestabile. Allora perché non fare votare gli emigranti alle elezioni locali, anche al di fuori dell’Unione Europea? Perché non offrire loro la cittadinanza? Ormai molte persone si integrano rapidamente nel tessuto sociale e dovrebbero potersi considerare cittadini come tutti gli altri. Le religioni sono profondi marcatori di identità . Ma troppo spesso sono usate come una copertura per l’estremismo e l’intolleranza o utilizzate come espedienti per mettere in discussione la necessità  di diversità . Come può così l’Europa diventare modello di democrazia e di coesione sociale nel mondo?
* Thorbjà¸rn Jagland, laburista norvegese, è il segretario generale del Consiglio d’Europa . Questo è il discorso pronunciato ieri a Helsinki al meeting del Gruppo Arraiolos, costituito dai capi di stato di Finlandia, Austria, Germania, Ungheria, Lettonia, Portogallo, Polonia, Slovenia e Italia sui fenomeni di intolleranza e razzismo.


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