Violenze sessuali e mafiose
La Consulta intendeva difendere il principio del «minor sacrificio possibile» che deve disciplinare la restrizione di libertà personale. Rispetto al reato mafioso il reato sessuale sarebbe «meramente individuale» e potrebbe dunque essere affrontato con misure restrittive alternative a quella del carcere. La violenza sessuale di gruppo era ritenuta esclusa dalla correzione di rotta, essendo un reato di tipo associativo. Dieci giorni fa la Corte di Cassazione ha dato un’interpretazione estensiva della sentenza della Consulta allargando la sua applicabilità anche alla violenza sessuale di gruppo, perché, secondo il suo punto di vista, «presenta caratteristiche essenziali non difformi» dagli altri reati sessuali. Restando nel campo della definizione formale del reato di tipo associativo la decisione della Corte non fa una grinza: un gruppo di stupratori non ha nulla a che fare con l’organizzazione costante nel tempo e ben radicata nel territorio di un’associazione mafiosa. Sennonché il trattamento riservato ai mafiosi non è dovuto alla forma particolare della loro organizzazione bensì alla pericolosità sociale del loro agire che si configura in progetto eminentemente sovversivo non finalizzato alla trasgressione della legalità bensì alla sua abolizione. Guardando la violenza sessuale in questa prospettiva i conti delle due Corti (Consulta e Cassazione) non tornano. Sul piano delle conseguenze sociali la violenza sessuale nei confronti delle donne è devastante perché mina alle sue basi il principio costituzionale dell’uguaglianza. Nessun uomo vive nella condizione di violenza psicologica costante in cui vive la donna: il senso di limitazione profonda della sua libertà che deriva dal fatto che il suo vestire, il muoversi in determinati orari o luoghi, il suo comportamento aperto, la sua curiosità , la possono esporre a ricatti, assalti sessuali verbali o concreti fino allo stupro. Si tratta di uno stato d’animo che è necessariamente messo da parte, per poter vivere, ma che inevitabilmente è sempre presente in forma latente, sempre pressante e penalizzante in modo invisibile. I motivi della diffusa violenza sessuale nei confronti delle donne sono principalmente due: la reazione al vissuto di castrazione che attiva la crescente affermazione femminile in campi arbitrariamente considerati di pertinenza maschile; la sempreverde invidia del maschio nei confronti del godimento della donna. Dire che le violenze sessuali sono, nella sostanza, individuali, e pensare che siano meno eversive nei confronti della Costituzione dell’agire mafioso è un errore grave. Esse maturano nell’ambito di correnti di imitazione e di complicità collettive estremamente ampie e spesso inconsce che se mancano dell’apparato organizzativo della mafia la superano di gran lunga in capacità di penetrazione. Il loro effetto compromette lo sviluppo della civiltà (ancor più che il rispetto alla Costituzione) che è strettamente associato all’emancipazione compiuta delle donne.
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